Non passa mese che non ci sia un nuovo motivo per prestare attenzione alla tecnologia digitale. La grande, controversa, mania degli ultimi tempi è quella delle conversazioni con intelligenze artificiali. C’è chi si è divertito a fare domande alla macchina. C’è chi l’ha usata per farsi redigere documenti o farsi sostituire nella scrittura delle ricerche per la scuola. C’è chi ci ha scritto software. C’è chi si è preoccupato per il lavoro del futuro. Ma anche per gli errori che commette. E c’è chi, come il Garante per la protezione dei dati personali, è intervenuto per salvaguardare la privacy degli utenti, facendo emergere tante critiche quanti problemi. Gli umani sanno di poter restare in controllo del processo soltanto se lo conoscono. E per questo ne discutono molto. Anche perché produce cambiamenti che restano tutti da interpretare.
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha trovato qualche anno fa un modo molto efficace per raccontare la trasformazione della società innescata dalla tecnologia digitale. Il caso era quello di un cittadino americano al quale la polizia aveva perquisito il telefonino senza il mandato di un magistrato. Il cittadino fece causa alla polizia e il caso arrivò alla massima Corte. I giudici decisero a suo favore e contro le forze dell’ordine. Tra le spiegazioni della sentenza scrissero: «Se arrivasse qualcuno da Marte, penserebbe che il telefonino è parte dell’anatomia umana». Intendevano dire che è più che una protesi cerebrale. Come dimostrano mille studi scientifici, modifica il modo di memorizzare, certamente cambia le abitudini della comunicazione, influenza persino il modo di elaborare i concetti e le informazioni: contiene tanta parte dell’esperienza quotidiana che diventa parte integrante del cervello. Qualcuno lamenta che questo fenomeno sia diventato persino esagerato: guardando le persone che a tavola invece di parlare con i commensali chattano sulle loro applicazioni di messaggistica, qualche dubbio viene, in effetti.
La tecnologia digitale non è uno strumento come altri. È uno strumento che media le relazioni con l’ambiente e il resto della società. E le modifica profondamente. Di fatto arricchisce queste relazioni con informazioni aggiornate, conoscenze diverse, punti di vista inattesi, nuovi divertimenti, nuove ansie. Un tempo si pensava che avesse la possibilità di costruire una realtà alternativa, nella quale le persone si sarebbero ritrovate senza la pesantezza delle cure della vita quotidiana, un po’ come avviene nei grandi videogiochi di massa. Ma quelli sono giochi e tali restano.
Quello che invece sta succedendo è che il digitale non è una nuova realtà parallela a quella fisica: è una integrazione e un arricchimento della realtà fisica. Sicché non si parla più dei fenomeni che si sviluppano su internet come di ciò che accade online. Si parla di una dimensione onlife: un insieme di vita digitale e vita fisica. Ed è questo il nome e il tema della rubrica che esordisce oggi.
Se il telefonino ci cambia la mente, la nostra vita è ormai onlife

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