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Un paese insicuro senza certezze



Un paese insicuro e senza certezze

 

I risultati dell’indagine curata da Swg per Legacoop. I giovani vivranno peggio dei loro genitori

 

Secondo un’indagine SWG, il noto istituto di sondaggi di Trieste, la mappa valoriale degli italiani assomiglia sempre di più alle figure dei mandala, oggetti che non sono fatti per durare nel tempo, ma per essere creati e immediatamente distrutti. Per chi non lo sapesse il mandala è un disegno che i monaci buddhisti compongono pazientemente utilizzando sabbie colorate. Poi, una volta terminato, si lascia che le sue preziose forme geometriche, svaniscano rapidamente come la più inutile ed effimera delle cose.

E qual è allora il mandala dell’Italia di “oggi” mentre scriviamo questo articolo? Chissà. Ce lo diranno forse i sociologi fra qualche tempo. Per ora accontentiamoci di descrivere quello che ha scoperto SWG navigando nell’Italia sballottata dai marosi della crisi.

E il primo dato sembra proprio raccontare un paese dai punti di riferimento valoriali sempre meno forti e stabili. Talvolta contraddittori e confusi. “Il soggetto italico contemporaneo non ha più un profilo omogeneo, ma è una persona pronta a incarnare e indossare abiti valoriali e maschere politiche e sociali differenti” si legge nel rapporto che SWG ha realizzato per l’assemblea dei delegati di Legacoop. Per esempio cala il sentimento verso la patria e crescono le spinte localiste. Perde peso il richiamo alla Resistenza, ma si cerca un ancoraggio nella Costituzione che dalla Resistenza è nata. Stramazza la spinta verso l’Europa, ma c’è la consapevolezza che fuori dall’Europa l’Italia è perduta. Scende anche l’euforia per il privato e il ruolo salvifico del mercato e torna a crescere la richiesta di protezione sociale, però resta basso il livello di fiducia nel pubblico. Cresce la domanda di nuovi diritti, ma si sbatte la porta in faccia ai diritti degli altri, per esempio quelli degli immigrati.

Un paese ingessato

Alcuni cambiamenti di fondo sono chiari e, a giudicare dalle tendenze, solidi. Per esempio, una dozzina di anni fa dominava la sensazione che l’Italia si stava rinnovando e che le dinamiche di modernizzazione erano ormai avviate e irreversibili. Oggi l’Italia si sente un paese fermo, ingessato nel suo immobilismo e incapace di andare avanti. La mesta consapevolezza che le generazioni future vivranno peggio di quelle passate e che questo paese sia irriformabile, alimenta ulteriormente l’inquietudine di una società che si sente smarrita nelle sue tante paure.

Se nel 2003 l’insicurezza coinvolgeva la metà dei cittadini oggi il 63 per cento degli italiani percepisce che viviamo in una situazione di costante emergenza circondati da criminali sempre pronti ad aggredirci e da un benessere che sfugge inesorabilmente di mano. La percezione della crisi è a livelli altissimi e forse, mentre scriviamo, è cresciuta ancora. Prendiamo il dato dell’incertezza economica: nel 1999 era al 48%. Ebbene, siamo arrivati al 76% di italiani che denunciano una situazione economica di grave difficoltà. E poi c’è quello che altri autorevoli agenzie di ricerca e analisi sociale hanno chiamato “il blocco dell’ascensore”, cioè una società bloccata da caste, cricche e clientele a tutto danno delle classi più svantaggiate: dieci anni fa il 12 per cento degli italiani si autocollocava in una classe disagiata, oggi è il 29 per cento a sentirsi smottare il terreno sotto i piedi. Sempre dieci anni fa il 70% degli italiani riteneva di far parte della classe media, oggi sono il 57%. «Stiamo parlando di percezione, ma è comunque un dato significativo perchè le percezioni incidono nelle scelte delle persone, del loro modo di vivere e di consumare», dice il direttore di SWG, Enzo Risso. Ma la paura di perdere il posto di lavoro non è solo una percezione, purtroppo, e riguarda la metà degli italiani. Un dato che, in realtà, ha cominciato a crescere già nel 2004-2005 perchè la nostra crisi economica è iniziata in quegli anni, è da lì che inizia a indebolirsi il senso di sicurezza sociale ed economica.

Meglio il pubblico del privato

Dato che la manovra economica del governo opera pesanti tagli alle Regioni e agli enti locali che probabilmente si tradurranno in un drastico ridimensionamento dello Stato sociale, in minori servizi o in tariffe più alte, evidentemente non si è tenuto conto che solo il 29 per cento degli italiani pensa che il welfare debba essere smantellato. Eppure in questi anni il rapporto della gente con il cosiddetto primato del mercato è cambiato.

Nel 1998 il 65% pensava che tutto doveva essere privatizzato. Oggi solo il 35% pensa che serva meno Stato e più mercato. Gli italiani non sono nemmeno più tanto convinti che si debba privatizzare la sanità (dal 74% del 2008 al 55% di oggi). Anche la scuola e i trasporti, secondo la stragrande maggioranza degli italiani, sono meglio pubblici che privati, mentre resta alta la convinzione che le tanto decantate liberalizzazioni non abbiano portato tangibili benefici per gli utenti.

Ma quali sono i punti di riferimento degli italiani? Dal tritacarne della crisi, che è anche crisi valoriale, esce a pezzi un po’ tutto: economia, politica, religione. A eccezione della Costituzione che per tre italiani su quattro resta un valore fondante che non può essere cambiato. La devolution, tema minoritario fino ad appena tre anni fa, ha cominciato a crescere di fronte a un calo del sentimento di patria. È cambiato il valore che si attribuisce alla necessità di salvaguardare l’ambiente e cresce la voglia di un altro mondo, di un altro modo di affrontare la qualità della vita, di conquistare nuove libertà in materia di testamento biologico, eutanasia eccetera.

Ma la chiusura verso l’immigrazione è sempre più grande e dai dati raccolti da SWG emerge un aumento del razzismo, anche tra i giovani. In crisi anche la chiesa. La centralità dei valori cattolici è passata dal 75 per cento del 2000 al 46 per cento di oggi con una tendenza a diminuire molto forte soprattutto fra le giovani generazioni. La validità dell’insegnamento della chiesa è in flessione anche fra i cattolici praticanti. Il tutto all’insegna di un paese confuso che cerca disperatamente una via d’uscita dalla nebulosa di incertezza che lo avvolge.

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