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Stop alle spese folli, arriva il Fair play finanziario di Platini

 

 

 Arriva il Fair play finanziario
Da quest’anno si fa come dice Platini

La risposta più concreta a chi invoca uno stop alle spese pazze e più  rigore e programmazione nel medio-lungo periodo è, per ora, quella di Platini. L’ex fantasista della Juve, oggi numero uno dell’Uefa, prova una delle sue famose punizioni questa volta mirando all’incrocio degli asset societari. Si chiama fair play finanziario la sua ricetta. L’entrata in vigore sarà graduale a partire dalla stagione 2013-14, ma siccome prenderà in considerazione le dichiarazioni finanziare del periodo che finirà nel 2012, è questa la sua prima stagione di partenza. Si tratta di un regolamento che obbliga a tenere sotto controllo bilanci stratosferici che poi scivolano in rosso e artifici contabili come le plusvalenze che li gonfiano. Dietro c’è il concetto di break-even, equilibrio finanziario, cioè pareggio di bilancio (spendi quello che guadagni) a cui devono attenersi i club delle 53 nazioni aderenti alla Uefa. In pratica un club deve aver registrato almeno due bilanci su tre in positivo negli ultimi tre anni. Significa che prendendo in considerazioni il 2010, 2011 e 2012, tutti coloro che hanno registrato una perdita nel bilancio saranno costretti ad ottenere due bilanci positivi nelle prossime due stagioni, altrimenti le uniche competizioni a cui parteciperanno saranno quelle nazionali. Più precisamente, il regolamento tollera un rosso di esercizio fino a  15 milioni all’anno per le stagioni dal 2011 al 2014 (per un massimo di 45 milioni) e 10 milioni all’anno per le stagioni dal 2015 al 2018 (per un massimo di 30 milioni). Nella terza fase, dal 2018 in poi, i costi dovranno essere pareggiati dai ricavi.
Grandi e piccoli club saranno, inoltre, valutati anche per un “coefficiente di rischio” di cui fanno parte  i debiti precedenti, il monte stipendi, il rispetto delle scadenze, la cura del settore giovanile e delle infrastrutture sportive, e non saranno più possibili operazioni esterne a copertura delle perdite.Gli indebitamenti dovranno essere ripianati mediante aumenti di capitale o attraverso donazioni, non mediante i prestiti.

 

Tifosi di carta e ultrà

Lo scorso anno il presidente della Triestina chiuse la gradinata dello stadio perché, diceva, onerosa da sorvegliare, ricoprendola con un telone di sagome colorate. Obiettivo: non deprimere troppo i suoi giocatori (poi retrocessi comunque in C1). Insomma, tifosi di carta, finti tifosi. Adesso l’ultimo sondaggio Demos/Coop sulla mappa del tifo in Italia sancisce, anche statisticamente, questo tramonto dei “tifosi” che scendono per la prima volta dal 2005 dal 52 al 45% della popolazione. Più della metà del paese è disincantata e non ha una squadra del cuore. A crescere sono solo i duri della curva, gli ultrà. Otto supporter su dieci si definiscono, infatti, “caldi” e “militanti”. “Nal calcio come in altri settori della vita – commenta il sociologo Ilvo Diamanti – conta vincere più che partecipare. Costi quel che costi”. In barba a tutte le regole del fair play.

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