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Per un futuro sostenibile



Sostenibilità

La scelta da fare oggi


 

Le indicazioni del rapporto del Worldwatch Institute sullo stato del mondo: troppi consumi, occorre cambiare i modelli culturali. Il pianeta così non può reggere…

 

Un cittadino degli Stati Uniti consuma energia come 2 europei. Un cittadino degli Stati Uniti consuma energia come 6 cinesi. Un cittadino degli Stati Uniti consuma energia come 22 indiani. Un cittadino degli Stati Uniti consuma energia come 70 abitanti del Kenya. Scusate la ripetizione (voluta) dei termini, ma è solo per far risaltare al meglio un concetto che sarà bene imprimersi bene nella testa tutti quanti, perchè è un concetto fondamentale per decidere a quale futuro andare incontro: il punto è che se tutti vivessero e consumassero come gli statunitensi la Terra, il nostro pianeta, potrebbe sostenere al massimo 1,4 miliardi di abitanti, perchè non ci sarebbero sufficienti energia, cibo e risorse per tutti. E visto che al mondo gli abitanti sono ad oggi 6,8 miliardi è chiaro, anche per chi in matematica non è molto forte, che, non solo lo stile di vita americano, ma anche quello nostro europeo, risultano decisamente insostenibili. Si tratta di modelli che oggi reggono perchè fondati su diseguaglianze enormi e inaccettabili tra paesi ricchi e paesi poveri. Ma in proiezione futura, anche mettendo nel conto il peso comunque drammatico della diseguaglianza, si andrebbe comunque a sbattere contro il limite fisico di elementi che non sarebbe possibile avere a disposizione per tutti. Perchè a completare il quadro è bene ricordare che nel 2050 si reputa che la popolazione mondiale sarà di oltre 9 miliardi di persone, mentre, secondo l’Onu, nei prossimi trent’anni dovranno avere accesso a fonti energetiche di varia natura altri 2 miliardi e mezzo di persone (che evidentemente oggi ne sono escluse).

Se questa è la tanto semplice quanto drammatica premessa, la conseguenza è altrettanto evidente. E cioè “per evitare il collasso della civiltà umana è indispensabile una profonda trasformazione dei modelli culturali dominanti”. Bisogna trasformare la cultura del consumismo, con le sue ripercussioni a livello sociale e ambientale, e passare alla dimensione della sostenibilità. Ed è proprio la parola sostenibilità la chiave e il cuore del rapporto annuale del Worldwatch Institute (un prestigioso istituto di ricerca americano di cui è presidente Christoper Flavin) sullo stato del mondo (“State of the World 2010”, la cui edizione italiana è curata dal direttore scientifico del WWF Italia Gianfranco Bologna). Un’opera che è arrivata alla sua ventitreesima edizione, ricca di dati, tabelle: un utilissimo specchio in cui rimirarci, per scoprirci ogni volta con qualche vistosa ruga in più. Ma il punto su cui il rapporto di quest’anno invita a riflettere è quello di cambiare il paradigma culturale. Un tema che ci coinvolge tutti. Non a caso, nella sua introduzione Gianfranco Bologna osserva come noi “continuiamo a vivere in un sistema culturale permeato dal perseguimento di una continua crescita materiale e quantitativa e su modelli di uso delle risorse basati sul sovraconsumo, con il risultato di pesanti effetti deteriori di tipo economico, sociale e ambientale. La conoscenza scientifica ci dice chiaramente che il peso e la pressione che stiamo esercitando sui sistemi naturali sono ormai troppo elevati e possono mettere a rischio le basi stesse della nostra sopravvivenza”.

Come ricorda il presidente del Worldwatch Institute “viaggiare in auto o in aereo, vivere in grandi case, usare l’aria condizionata… non sono scelte in declino, ma sono parti integranti della vita, almeno secondo le norme presenti in un numero crescente di culture del consumo a livello globale. Pur sembrando naturali a chi appartiene a quelle realtà culturali, questi modelli non sono, come ci dimostra la straordinaria quantità di dati accumulati da decenni dalla conoscenza scientifica, nè sostenibili nè possono definirsi manifestazioni innate della natura umana. Si sono infatti sviluppati nel corso di molti secoli e oggi si promuovono e diffondono a milioni di persone nei paesi in via di sviluppo”.

È dunque impossibile fornire uno stile di vita occidentale a tutti gli abitanti della Terra. Negli ultimi cinque anni, i consumi sono aumentati vertiginosamente, salendo del 28% dai 23,9 mila miliardi di dollari spesi nel 1996 e di sei volte dai 4,9 mila miliardi di dollari spesi nel 1960. Alcuni di questi incrementi sono dovuti all’aumento demografico, ma tra il 1960 e il 2006 la popolazione globale è cresciuta solo di un fattore di 2,2 mentre la spesa pro capite in beni di consumo è quasi triplicata. Aumentano i consumi e aumentano le risorse prelevate e usate. “Oggi, quotidianamente, un europeo medio usa 43 chilogrammi di risorse e un americano 88. A livello globale, ogni giorno (ripeto ogni giorno) l’umanità preleva dalla Terra risorse con le quali si potrebbero costruire 112 Empire State Building, il famoso grande grattacielo di New York. Ciò significa, in un anno, 40.880 palazzoni alti ben più di 300 metri come l’Empire.

Dentro a questo schema ci sono gli squilibri drammatici accennati già in precedenza: nel 2006 i 65 paesi con alti redditi erano responsabili del 78% della spesa in beni di consumo, ma costituivano solo il 16% della popolazione globale. Solo negli Stati Uniti, la spesa in beni di consumo era di 9,7 mila miliardi di dollari, che rappresentava il 32% della spesa globale, con solo il 5% della popolazione mondiale. Come rileva il rapporto, le tecnologie sostenibili dovrebbero permettere ai consumi di base di posizionarsi in una dimensione ecologicamente possibile. Ma questo non basta, non cancella limiti che sono presenti perchè “per i sistemi naturali del pianeta Terra, però, lo stile di vita americano o anche europeo è semplicemente improponibile”. Dalle analisi riportate dal Worldwatch si è riscontrato che, nei prossimi 25 anni, per produrre energia sufficiente a soppiantare gran parte di quanto fornito dai combustibili fossili, si dovrebbero costruire 200 metri quadrati di pannelli solari fotovoltaici e 100 metri quadrati di solare termico al secondo, più 24 turbine eoliche da 3 megawatt all’ora nonstop, per i prossimi 25 anni.

Il rapporto Worldwatch, in questa sua enfasi sul paradigma culturale (che come vediamo nella scheda nelle pagine precedenti chiama in causa anche una riflessione sulla nozione di Prodotto Interno Lordo, indicatore principe usato ormai da decenni per dire se un paese sta più o meno bene) da cambiare, puntando sulla sostenibilità, non nasconde, ma anzi cita e valorizza, gli importanti risultati che, ogni giorno e in tanti paesi (inclusa l’Italia) vengono già ottenuti con progetti che vanno proprio nella direzione auspicata: risparmio di energia, investimento sulle fonti rinnovabili, consumo più oculato delle risorse, scelte e stili di vita che spesso coniugano l’esercizio fisico con un minor consumo. Scelte che riguardano ognuno di noi, nella sua vita quotidiana, ma che chiamano pesantemente in causa anche la politica, cui spetta il compito di stabilire regole e fissare limiti ben precisi.


Dario Guidi

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