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“L’orto di Michelle Obama è un simbolo…”


“L’orto di Michelle Obama è un simbolo…”

Intervista a Francesco Morace

 

Sociologo, scrittore e giornalista, Francesco Morace lavora da oltre venti anni nell’ambito della ricerca sociale e di mercato. È presidente di Future Concept Lab e consulente strategico di aziende e istituzioni internazionali. Docente alla Domus Academy e al Politecnico di Milano ha curato di recente il volume Consum-Autori.

Dal suo osservatorio sulle tendenze in atto nel costume e negli stili di vita, c’è davvero un ritorno al fai da te?

Non c’è dubbio. Tutti i dati, sia qualitativi che quantitativi, vanno nella medesima direzione e ci dicono che quella che era una nicchia di appassionati sta diventando maggioranza. Lo si vede in numerosi ambiti compreso quello gastronomico dove si va oltre un certo elitarismo aristocratico per ricercare una dimensione più attenta alle cose che riguardano in modo diretto la nostra vita. Si tratta di un fenomeno trasversale che vede nell’orto di Michelle Obama il simbolo. Ma è un fenomeno più complesso di quanto possa sembrare.

Ci spieghi meglio

Questo ritorno al fai da te è qualcosa di più di un semplice “re-innamoramento” del bricolage. Non siamo di fronte a una mera propensione alla manutenzione, ma anche a una più generale cura della qualità della vita. C’è una componente creativa nell’azione di questi “nuovi artigiani” che va sottolineata. Un fai da te che non è hobbystica classica o impiego del tempo libero.

Il ritorno del fare manuale e soprattutto del fare di qualità, del lavoro fatto bene, indica una ritorno alla bottega. Non quella del mercante ma quella rinascimentale dell’artista artigiano.

Quanto influisce la crisi economica?

La cornice della crisi indubbiamente favorisce comportamenti volti a economizzare. Riparazioni in primis. Del resto da questa crisi non si esce. Nel senso che nulla più sarà come prima. Cambiano i valori e i comportamenti delle persone che cominciano a capire il cambiamento in atto. La direzione è quella di una sostenibilità nuova che è riduttivo limitare agli aspetti ambientali. È ricerca di nuovi equilibri nella propria vita quotidiana dove vengono banditi gli sprechi, dove la quantità lascia spazio alla qualità.

Riscopriamo la parsimonia?

In un certo senso sì, purchè non la si assuma in senso privativo. Non c’è un neopauperismo che avanza. Non è risparmio a tutti i costi. Prende piede l’idea di scegliere alcune cose anzichè altre, facendo talvolta anche investimenti importanti. C’è un riequilibrio in cui non è la parsimonia che guida, ma una nuova capacità di giudizio nei comportamenti di consumo e di vita. Il consumo ha trainato negli anni 80 e 90 una concezione della felicità che rimane ancora valida. Non siamo alla vigilia di un’era di anticonsumo, ma di un consumo intelligente che prende il posto di un consumismo incondizionato.


Bibì Bellini

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