L’intervista
Cristina Donà
Torno a casa a piedi è l’elogio della lentezza, della riflessione al quale Cristina Donà ha dedicato il suo ultimo disco. Un album di meditazioni che nasce dal desiderio di tornare sulle strade, calpestando l’asfalto delle città e i sentieri di campagna. Una occasione per ricordare, ricostruire i propri consumi culturali dei quali Cristina ha parlato con la nostra rivista.
Che dischi hai ascoltato di recente?
Io vivo in un paesino in montagna e, durante il tour per la presentazione del disco ho preso nuovamente contatto con la fisicità del cd. Ho apprezzato The Deep Field, il nuovo disco di Joan as a Police Woman, un vero documento per suoni dalla metropoli, canzoni che nascono in mezzo al cemento e lo fanno diventare poesia. Poi Wow dei Verdena, miei conterranei, che hanno fatto un disco di grande musicalità, ispirata dai Nirvana. È un gruppo molto giovane capace però di scrivere canzoni complesse, dalla struttura articolata.
E Parole di Lulù, il disco di Niccolò Fabi uscito per sostenere la costruzione di un ospedale pediatrico in Angola. Il duetto di Niccolò con Mina in Parole Parole è uno dei momenti più emozionanti della musica italiana.
Che libri vuoi consigliare ai nostri lettori?
Consiglio il libro di Marina Petrillo su Bruce Springsteen, Nativo Americano, un racconto del rapporto profondo che lei ha instaurato con i testi del cantautore, che ha seguito in tutti i suoi concerti del tour nei teatri. Poi la ristampa di I Diari di Rubha Hunish, di Davide Sapienza, reportage di trekking, al cospetto con le forze della natura, e poi il bellissimo Ritratto in seppia di Isabel Allende, con un personaggio femminile forte, che mi ha conquistato.
E invece che film hai visto?
Tra le pellicole di successo, Shutter Island di Scorsese, che mi ha sorpreso per la sua energia “claustrofobica” e per il gioco di rimandi continui tra ciò che è e ciò che appare. Sono molto legata, l’ho rivisto da poco, a La sottile linea rossa, di Terence Malick, perché c’è così tanta leggerezza, soavità, quasi, nel parlare della guerra, da renderlo straziante. Ho poi apprezzato Due vite per caso di Alessandro Aronadio, con Isabella Aragonese, un film dove i fatti di cronaca generano ossessioni sul cinema e il suo doppio.