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Liberalizzazioni per rilanciare l’economia

Liberalizzazioni
Quanto aiutano la ripresa economica

Il travagliato percorso del decreto varato dal governo Monti. Ma tra critiche, proteste e richieste di modifica, quale sarà davvero il contributo che potrà venire  da questo pacchetto al rilancio del nostro paese.  Lo abbiamo chiesto ad alcuni economisti e rappresentanti dei consumatori

Attese, auspicate, temute, contrastate, insufficienti, eccessive, troppo morbide, incomplete, forti coi deboli e deboli coi forti… La sfilza di aggettivi e definizioni che hanno accompagnato il decreto liberalizzazioni del governo Monti, sono davvero la fotografia delle spinte contrastanti e del travaglio che attraversa la società italiana in questi mesi di governo tecnico (vedi l’intervista nelle pagine precedenti col sociologo Ilvo Diamanti). Ma sono anche la conferma di una difficoltà a separare il giusto confronto di merito sui contenuti, dal fumo alzato ad arte dai soggetti interessati per impedire di toccare piccoli e grandi privilegi che segnano la società italiana.
Già, si parli di taxi o di farmaci, di banche o di assicurazioni, di ordini professionali o di distributori di benzina come si fa a distinguere le buone intenzioni da quelle un po’ più strumentali? Perché in linea di principio di contrari all’idea di aprire allo stimolo di una maggiore concorrenza la società e l’economia è difficile trovarne. Ma poi quando si passa ai fatti, la vita cambia…
Al momento in cui scriviamo non è ancora concluso l'iter del decreto governativo che, al vaglio dei due rami del parlamento, è stato sommerso da 2.300 emendamenti. Ma la conversione in legge si avvicina (l'ultima data utile è il 24 marzo) e dopo l'esame in Senato ora il testo è al vaglio della Camera dei deputati. Degli emendamenti alcuni sono stati dichiaratamente presentati per potenziare l’effetto sui punti chiave, ma la maggior parte sono mirati ad annacquare sensibilmente l’intenzione riformatrice del governo Monti. 
Al punto che al Senato è arrivato un voto di fiducia che, stabilite dal governo le modifiche da accogliere, ha stoppato ulteriori mercanteggiamenti. Non è mancata una nuova dose di proteste (avvocati e liberi professionisti ma soprattutto le clamorose dimissioni dei vertici dell'Abi, l'Associazione delle banche) che ora è da vedere se e come proseguirà.
Nell'attesa, resta il fatto che il decreto è uno dei pezzi fondamentali della fase due dell’attività del governo, quella che dovrebbe rimettere qualche soldo nelle tasche degli italiani e rilanciare la crescita. Dopo le stangate della manovra economica “salva Italia” che, secondo valutazioni di autorevoli istituti di ricerca, peserà nel 2012 per circa 2.700 euro a famiglia, ci si aspetta una boccata d’ossigeno sul fronte dei prezzi dei servizi e beni, delle tariffe e dei carburanti. 
“Queste misure servono per correggere gli eccessivi difetti di questo Paese – osserva Fabrizio Onida, docente di Economia Internazionale alla Bocconi – come è ben noto anche dalle classifiche internazionali che ci danno in coda sugli indicatori che hanno a che fare con il servizio pubblico, con le infrastrutture, con gli aspetti burocratici” . Per l’esattezza l’Italia, nella classifica della libertà economica è al 92° posto mondiale.
C’è chi ha calcolato quanto risparmieremo grazie al decreto sulle liberalizzazioni. Si va dai 1.800 euro a famiglia di Adiconsum, ai 946 di Federconsumatori e Adusbef. Altre previsioni più prudenti si fermano a 400 euro.
Ma c’è anche chi è più prudente in queste stime sull’impatto Pil/liberalizzazioni, in quanto i processi aperti da questi provvedimenti sono complessi, non brevi e difficilmente quantificabili. Michele Polo, docente di economia alla Bocconi, su lavoce.it sostiene che “settori esposti alle liberalizzazioni richiedono la gestione di fasi transitorie durante le quali le piccole imprese e le attività individuali dei prestatori di servizio dovranno riqualificarsi, accedere a forme di organizzazione del lavoro più efficienti, promuovere processi di aggregazione in grado di sfruttare possibili economie di scala”. Pensiamo soprattutto ai tassisti per i quali si profila un accordo che porterà ad un aumento dei turni piuttosto che delle licenze. Stesso discorso per quanto riguarda le professioni. 
C’è anche chi, dati alla mano, sostiene che da alcune liberalizzazioni non ci si possa aspettare molto di buono. Le liberalizzazioni non sempre riducono i prezzi, talvolta succede che li fanno aumentare – sostiene Emiliano Brancaccio, docente di Economia politica all’Università del Sannio –. Uno dei motivi è che le autorità di regolamentazione e controllo sono deboli e non sufficientemente indipendenti rispetto agli interessi del soggetto controllato. Altro motivo per cui i prezzi potrebbero non scendere è che, se è vero che in una prima fase si ha più concorrenza, è anche vero che i capitali più grandi hanno il sopravvento, si concentrano e danno vita a nuovi oligopoli. A quel punto i prezzi tornano a salire. Ovviamente questo ragionamento riguarda le grandi liberalizzazioni nei settori erogatori di servizi di pubblica utilità come l’energia, i trasporti, il credito ecc, precisa Brancaccio.
Sulla base di dati Ocse risulta in effetti che i prezzi non si sono mossi in Europa, quelli del gas sono addirittura aumentati nonostante le liberalizzazioni (come avvenuto nell’iperliberista Gran Bretagna dove i prezzi dell’energia elettrica e del gas sono i più alti dEuropa).
“Liberalizzare, però, non significa tutto – afferma Onida –; questi provvedimenti devono essere considerati caso per caso. Non è la stessa cosa intervenire sulle licenze o sugli orari dei taxi e liberalizzare le tariffe degli avvocati, provvedimento certamente controverso ma che sostanzialmente reputo utile. Sono piccoli interventi, ognuno dei quali contribuisce a raggiungere l’obiettivo di avere meno regole rigide, più regole in funzione dei consumatori”.
Quadro complesso, ma senza però perdere di vista gli indubbi vantaggi per i consumatori che lo svolgimento della pratica sulle liberalizzazioni porterà nel medio-lungo periodo. Risparmiare insomma si può. Anzi si deve. 
I nostri calcoli si basano su stime prudenti ma realistiche dei benefici che potremmo trarre da voci importanti delle liberalizzazioni – spiega Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori –. Detto questo, aggiungo che si poteva fare di più. Mentre ritengo efficace quanto si è fatto nel settore dell’energia, gas e delle libere professioni, sui carburanti non si è avuto il coraggio di separare nettamente la proprietà della distribuzione dall’approvvigionamento attraverso la vendita degli impianti ai gestori. Quindi gli effetti sui prezzi della benzina e del gasolio saranno irrisori. Così come insignificanti saranno quelli sui farmaci avendo rinunciato ad estendere la vendita dei medicinali di fascia C, quelli con ricetta completamente a carico del cittadino, alle parafarmacie e ai corner salute già esistenti in molte città e centri commerciali
È la prova che alcune corporazioni e gruppi di interesse sono difficili da smontare anche per i cosiddetti tecnici. A proposito di lobby, un passo in avanti è stato fatto sulla Class Action, ma l’azione collettiva resta ancora nel nostro paese un percorso difficile e accidentato. “Andrebbe rivista da cima a fondo – sostiene Trefiletti –, ma soprattutto andrebbe semplificata”. E di semplificazioni parla un altro decreto varato dal governo, che, si spera, avrà anch’esso un effetto benefico sulle tasche dei cittadini, soprattutto in termini di risparmio di tempo che, se vogliamo, può tradursi in risparmio di denaro: 154 euro annui a nucleo familiare, secondo Federconsumatori e Adusbef.
Un altro settore interessato dai provvedimenti del governo Monti è quello del commercio con la liberalizzazione degli orari, delle giornate di apertura e della realizzazione di nuove strutture (di cui abbiamo già scritto il mese scorso). Trefiletti giudica positiva la liberalizzazione di orari e aperture ma da non fare in maniera spregiudicata, altrimenti si corre il rischio di aumentare i costi abbattendo la produttività che poi le imprese sono costrette a scaricare sui prezzi.
Quanto agli effetti sull’economia del pacchetto liberalizzazioni, ribattezzato “decreto cresci Italia”, il conto non è semplice. A una possibile domanda se queste misure possano bastare a far partire la ripresa o a combattere la recessione nel 2012, la risposta è ’no’, ci vogliono altre cose – avverte Onida –. E, in particolare, bisognerebbe avere maggiore coraggio anche per quei provvedimenti già inclusi nel pacchetto come, per esempio, lo sgravio Irap per i costi del lavoro o il credito d’imposta per i capitali reinvestiti che, poi, è un ritorno a quel provvedimento varato a suo tempo dal ministro Visco e poi incautamente soppresso da Tremonti. Se il governo volesse incidere di più sull’aumento del potere d’acquisto di quei lavoratori che oggi soffrono le conseguenze della crisi e che poi determinano la massa dei consumi, dovrebbe attivarsi per recuperare rapidamente tagli di spesa pubblica e aumenti di imposta
Sì perché la manovra lacrime e sangue di dicembre ha colpito duro milioni di famiglie. E un tema di sostegno ai ceti più deboli e di redistribuzione della ricchezza è fondamentale, non solo come elemento di equità, ma per rilanciare la nostra economia.



Aldo Bassoni

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