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L’antico orzo bellunese

La proposta del mese di Slow Food
L'antico orzo bellunese

Un tempo coltivato in tutte le vallate dolomitiche bellunesi, l’orzo oggi resiste solo in piccoli campi oltre i 1700 metri di altitudine nell’area ladina dei Fodom e in alcuni campi delle campagne più fertili del fondovalle bellunese e feltrino. Gli antichi semi autoctoni di orzo sono stati però recuperati grazie alla passione e alla ricerca svolti dai coltivatori della Cooperativa La Fiorita e dall’Istituto Agrario di Feltre, supportati dalla Provincia e dalle Comunità Montane, e ha preso vigore un rinnovato interesse a favore della coltivazione dei cereali di montagna.
L’orzo bellunese si semina in primavera, tra aprile e maggio, e si raccoglie in piena estate, quando la pianta raggiunge oltre un metro di altezza (le varietà più comuni invece hanno uno stelo più corto, lungo circa 45 centimetri); è una varietà adatta al clima rigido della montagna, è quindi rustica e particolarmente indicata per la coltivazione biologica. L’orzo antico bellunese è una varietà di tipo "distico": produce cioè spighe appiattite con due sole file di semi, per questo, a parità di spighe, produce meno semi. La qualità però è ottima; il seme è bianco, grande e pesante. Con l’orzo bellunese lavorato a pietra, si producono anche farine per vari prodotti da forno e inoltre, tostato artigianalmente, dà un buon "caffè d’orzo".
Il bellunese è una delle aree rurali più integre del Veneto e la reintroduzione dell’antico orzo del Presidio può costituire una vera alternativa a coltivazioni intensive non tradizionali e all’abbandono delle aree montane. Il raccolto di due ettari di orzo autoctono verrà conferito dagli agricoltori alla propria cooperativa agricola "La Fiorita" di Cesiomaggiore, che ne cura anche la trasformazione e vendita diretta. I campi di conservazione del seme, curati ancora con le antiche tecniche di coltivazione, sono gestiti da alcuni piccoli coltivatori dell’area Fodom nell’alto agordino, in zone isolate e libere quindi da contaminazioni.
Grazie al progetto di Slow Food "Alleanza tra i cuochi e i Presìdi Slow Food", che riunisce in una rete nazionale oltre 220 ristoranti che impiegano prodotti dei Presìdi, sono stati raccolti i fondi che hanno consentito di avviare il Presidio.  
 

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