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La paura aumenta in Tv



La paura aumenta in Tv


 

Per il 77% degli italiani reati in aumento. Ma non è così. I risultati del rapporto realizzato da Demos per Fondazione Unipolis. Realtà filtrata dalla “rappresentazione mediatica dei fatti”  

 

I reati diminuiscono, ma per il 77% degli italiani sono ancora in aumento. Tuttavia è leggermente sceso il numero di quanti percepiscono un aumento delle criminalità nella propria zona di residenza (tre punti in meno rispetto al 2008) e persino la percentuale di coloro che si dicono preoccupati per l’eventualità di subire un furto in casa è diminuita dal 23 al 16% nell’arco di due anni. Cala addirittura di sette punti, dal 2007 al 2009, la paura di subire un’aggressione a scopo di rapina (oggi al 13%). Sembra una contraddizione: gli italiani hanno la sensazione che la criminalità sia in crescita, ma hanno meno paura di esserne personalmente coinvolti. Salvo poi ritenere necessaria maggiore polizia sulle strade e nei quartieri (79%).

Sono questi alcuni dei risultati del terzo rapporto sulla sicurezza nel nostro paese, realizzato da Demos e dall’Osservatorio di Pavia per la Fondazione Unipolis che indaga in questo ambito per il terzo anno consecutivo. Questa volta si è tentato un confronto con altre rilevazioni svolte in Europa, con l’analisi dei tg delle emittenti italiane e – per la prima volta – europee, ottenedo così un punto di osservazione essenziale per comprendere i meccanismi dell’opinione pubblica. “Cresce la distanza tra la realtà e la sua percezione – si legge infatti nella presentazione del Rapporto – grazie a una rappresentazione mediatica dei fatti che appare lontana dalla dimensione effettiva dei problemi. Vale per la sicurezza in senso stretto, ma anche per quella di carattere economico e sociale, come è il caso della disoccupazione e della mancanza di lavoro in forte aumento, ma che trova scarsissimo rilievo nell’informazione televisiva”. “Il modo che hanno i tg italiani di rappresentare la situazione della criminalità nel nostro paese – spiega Fabio Bordignon, direttore di Demos – è una tendenza ciclica che abbiamo ipotizzato essere funzionale al periodo elettorale. La ‘bolla ansiogena’ maggiore c’è dunque stata tra il 2007 e l’inizio del 2008, ma anche nei primi mesi del 2010. Ma c’è anche una specificità tutta italiana nel seguire i fatti di cronaca più efferati, la cui trattazione non viene abbandonata per mesi. Fatta eccezione forse per il caso spagnolo, dove è comunque presente la Telecinco di Mediaset che tende a comportarsi come le consorelle italiane” (vedi tabella nelle pagine seguenti).

Tuttavia qualcosa oltrepassa la nebbia mediatica che vorrebbe farci credere che la criminalità – quella portata dagli immigrati, in particolare – sia in aumento. Gli italiani dimostrano maggiore buon senso dei telegiornali che li informano, tant’è vero che la paura che cresce è quella genericamente economica dal 34 al 37% in un anno; e la paura di perdere il lavoro, che passa dal 29,6 al 37% in due anni (comunque assai di meno che nel resto d’Europa, dove la stessa paura arriva al 51%). “Se messi a confronto diretto con altre fonti di insicurezza – spiega Bordignon – la paura nei confronti del crimine si ridimensiona. Prevalgono altre insicurezze, come quella della dimensione economica, per il mercato del lavoro, il rischio disoccupazione. I timori di natura ambientale passano dal 59 al 62%. Sale il livello d’allarme per le nuove epidemie. L’insicurezza globale arriva al 77%”.

Certo, ci sarebbe da essere assai più preoccupati. Il tasso di disoccupazione, a gennaio 2010, è arrivato all’8,6% mai così alto dal 2004, con punte del 26,4% per i giovani (in pratica è a spasso un under 30 su 4) e del 9,8% per le donne. Del resto, se nei tg italiani – secondo la ricerca – le notizie riguardanti la criminalità sono state al primo posto per tre anni di seguito – 2007, 2008, 2009 – la crisi economica è sempre stata messa sempre in secondo piano. Come se non ci fosse, o fosse già alle nostre spalle. Le notizie sulla crisi vengono declassate a opinione, mentre l’equazione del tutto opinabile tra criminalità e immigrati diventa un fatto. Eppure nel 2009 la quota di famiglie in cui qualcuno ha perso il lavoro è salita da 13% al 19%, e dal 12,5% al 21% quella in cui c’è un cassintegrato.

Invece tra ottobre e novembre 2009 i telegiornali di prima serata Rai e Mediaset dedicano alla disoccupazione e alla crisi economica delle famiglie solo il 7% delle notizie cosiddette “ansiogene”. L’anno prima – a cavallo delle elezioni – questo genere di notizie erano 4 volte di più e cioè il 27%. A chi ha giovato questa fabbrica della paura sulle famiglie che, col governo Prodi, non ce la facevano ad arrivare alla fine del mese? E oggi a chi giova la sordina a una crisi occupazionale che rischia di aggravarsi ancora, nel corso del 2010?

La ricerca rileva anche un’altra caratteristica della nostra informazione televisiva: la quantità di notizie relative alla criminalità in Italia è superiore a quella degli altri paesi europei, soprattutto per quanto riguarda le reti pubbliche. Il tg1 ha il doppio di notizie del tg spagnolo e venti volte di più del tg tedesco. Inoltre la pagina della criminalità in Italia è costante, mentre invece i tg francesi inglesi, tedeschi e spagnoli non rilevano la presenza quotidiana di notizie “criminali”, costituite per il 60% dalla rappresentazione di fatti come furti, rapine, incidenti, spaccio (non certo reati finanziari o usura o riciclaggio). Forse che in Italia questi reati sono più frequenti che altrove? Niente affatto. Scrive Ilvo Diamanti presentando la ricerca: “La paura è la risorsa infinita, la principale, a cui ha attinto il centrodestra quando era all’opposizione. Ma anche oggi che è al governo. La Lega, soprattutto. Oggi l’Italia è un paese fra i più angosciati d’Europa. Non c’è altro luogo dove lo squilibrio fra paura e criminalità, fra paura e immigrazione, sia tanto forte. Perchè la paura degli altri sposta consensi a destra, sempre”.

La paura è un fenomeno che colpisce i più deboli, ancora una volta, e quelli che più di altri guardano un sacco di tv: “Gli anziani, soli, con livelli di istruzione più bassi e che consumano molta tv – spiega Bordignon – sono quelli che più di altri hanno la percezione di un aumento della criminalità del tutto scollegato dal dato reale”.


Silvia Fabbri

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