Il piacere in grani
Guida all'acquisto di una macchina per farsi il caffè in casa o in ufficio. Ci sono quella a cialda o a capsula (le più diffuse), oppure…
Dopo due anni di "ristretto", un Natale dal gusto Arabica per le macchine da caffé d’uso domestico, divenute negli ultimi tempi dei veri e propri oggetti da regalo. Non a caso nell’ultimo trimestre dell’anno fatturano un terzo delle vendite di tutto l’anno. I segnali di ripresa, da inserire in quadro stagnante per gli elettodomestici, si traducono in un +4,4% a unità vendute (dati GFK aggiornati a novembre sul totale annuo 2009) e si notano nella ripartenza delle macchina automatiche, quelle che macinano caffè in grani premendo un solo tasto. Hanno costi superiori alle macchine manuali (che si vedono comunemente al bar) o a capsule, ma prospettive di sviluppo interessanti che stanno riducendo le distanze dal grande pubblico. Nate infatti per il consumo domestico, si trovano spesso anche in luoghi di lavoro apprezzate per la pienezza degli aromi che regalano in tazza e alla possibilità di crearsi la propria miscela. Inoltre, in famiglie numerose o dove si fanno molti caffè al giorno, garantiscono economicità data dal costo della singola tazzina. La riduzione dell’ingombro le fa entrare ora in cucine di piccola o media grandezza e i prezzi, a partire da 200 euro, in alcuni casi sono concorrenziali con le altre macchine espresso.
Certo, rimane vero che l’80% delle vendite a valore è assorbito dalle caffettiere che erogano caffé porzionato chiuso (in capsula) o aperto (in cialda) sulle quali i torrefattori fanno un grande battage pubblicitario e sono molto pratiche all’utilizzo. La capsula, in particolare, fa la parte del leone in apparecchi dedicati molto presenti nel canale della grande distribuzione. George Clooney e Paolo Bonolis si danno battaglia in tv e al cinema, ma sul piano dell’offerta di prodotto non c’è granché di nuovo se non il proliferare delle miscele (fino a 16 varietà) per sedurre tutti i palati e la nascita di veri e propri club di aficionados. Le capsule, o "bussolotti", hanno il pregio di conservare meglio l’aroma del caffè già macinato e i limiti del costo a tazzina (vedi box) nonché dello smaltimento, essendo fatte di materiale plastico non biodegradabile resistente alle alte temperature. Un altro limite, dal punto di vista del consumatore, è dato dalla loro non intercambiabilità: torrefattore e produttore di caffettiera sono infatti legati a doppio filo e non si registrano aperture verso una maggiore liberalizzazione.
Più possibilità di scelta troviamo nel mondo delle cialde. Si tratta di un sistema solitamente abbinato alle macchine manuali che usano il caffè in polvere con o senza macinacaffé integrato. Le cialde, a differenza delle capsule, sono intercambiabili nello standard E.S.E. (Easy serving espresso) a beneficio di un più largo consumo, ma hanno lo svantaggio di perdere l’aroma in fretta. Per avere una macchina trivalente – che funzioni a capsule, cialde e caffè macinato – molti optano per una Mokona, ispirata alla famosa Moka in versione elettrica, che al pari della Tazzona (sic!) prepara un caffè espresso o un cappuccino come al bar. Il design è rimasto sostanzialmente invariato, mentre il formato è molto più grande (31,5 x 28 x 40 cm) per far posto a un serbatoio di 1,5 litri sottoposto a una pressione di 20 bar.
Tornando alle macchine automatiche, una volta caricate (e ben manutenzionate) fanno tutto da sole. Fino a qualche tempo fa erano solo di materiale plastico con design spesso arrotondato, ora sono anche di acciaio inox sagomato, che il consumatore percepisce come di migliore qualità.
È bene far caso alle macine nel momento della scelta: quelle in ceramica garantiscono una minore usura e una macinatura più regolare nel tempo. Da valutare anche la classe energetica che sempre più spesso è di tipo A, sebbene non vi siano in Italia vincoli normativi in questo senso. Salendo di prezzo (sopra i 500 euro) si possono avere l’interfaccia digitale a colori, i filtri per l’acqua e i programmi automatici di decalcificazione e lavaggio. Ancora più su (oltre i 1.000 euro) addirittura l’impronta digitale che identifica ciascun utilizzatore in famiglia e il segreto, che tutti hanno, per ottenere "un buon caffè".
Claudio Strano