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“Il paradosso di scontri e feriti che fanno crescere il Pil”

Se scontri e feriti fanno crescere il Pil

Il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini: "Occorre trovare nuovi indicatori del benessere"

Enrico Giovannini è presidente dell’Istat e professore di statistica economica all’Università Roma Tor Vergata. Da tempo promuove studi e riflessioni volti a definire i nuovi indicatori del benessere di un Paese. È l’unico italiano ad aver fatto parte della Commissione "Stiglitz-Sen-Fitoussi" istituita dal presidente francese Sarkozy proprio per studiare questi temi nel tentativo di andare oltre l’utilizzo del Pil (Prodotto interno lordo). 

Misurare gli incidenti stradali o quelli sul lavoro (che in gran parte coincidono) vuol dire parlare di persone e di vite. Per la statistica rimangono comunque numeri o comportano una sfida ulteriore?
Produrre statistiche ufficiali non vuol dire soltanto elaborare cifre, ma aiutare la società a conoscere meglio il proprio funzionamento, per poter assumere migliori decisioni, a livello politico, ma anche individuale. In questa prospettiva, le statistiche sugli incidenti stradali rappresentano un caso in cui il nostro lavoro può salvare vite umane, spingendo le autorità a migliorare la sicurezza di un particolare tratto di strada, aumentare i controlli e accrescere la consapevolezza nell’opinione pubblica del costo altissimo, anche economico, di comportamenti sbagliati. 

Gli incidenti stradali contribuiscono ad accrescere il PIL di una nazione. Lei da tempo insiste nell’indicare altri metri di misurazione del benessere e recentemente ha accennato alla possibilità di utilizzare in tal senso i dati degli incidenti stradali… ce ne può parlare?
Utilizzare l’automobile, ripararla a causa di un incidente e curare i feriti degli incidenti sono tutte azioni che aumentano il Pil. Ma quest’ultimo non viene ridotto dalla morte di una persona, se non in quanto viene a mancare un consumatore. Ora, è evidente che il benessere di un paese non aumenta certo in presenza di un aumento dei morti e feriti. Ecco allora che, per valutare in modo complessivo il benessere, è necessario porre attenzione non solo a indicatori che misurano la produzione economica, ma anche a dati che riguardano fenomeni sociali ed ambientali, inclusi quelli che riguardano il capitale umano e il capitale sociale (cioè le relazioni tra le persone). In questo senso, l’effetto degli incidenti stradali va considerato come un costo sociale.

Oltre alla salute anche l’ambiente è una delle categorie centrali della misurazione del benessere. Confrontare i dati relativi alla sicurezza stradale e quelli da inquinamento da traffico privato può farci lavorare meglio per il futuro?
Certamente sì. I livelli di inquinamento delle nostre città devono essere decisamente abbattuti e la scelta di forme di mobilità sostenibile andrebbe incoraggiata in tutti i modi. Un minore utilizzo del mezzo privato, però, diventa possibile non solo in presenza di servizi pubblici adeguati, ma anche, e forse soprattutto, grazie ad assetti urbanistici delle nostre città orientati alla sostenibilità. Ad esempio, la spinta al popolamento di "periferie dormitorio" prive dei servizi necessari e lontani dalle attività produttive incentiva l’uso del mezzo privato ed aumenta l’inquinamento ed il rischio di incidenti. 

Il ritardo di oltre dieci mesi, rispetto al periodo di rilevazione, con cui arrivano i dati sugli incidenti stradali è ritenuto da più parti eccessivo. Col prossimo anno possiamo contare su un miglioramento in tal senso?
Stiamo lavorando con molti altri enti proprio per migliorare la tempestività. Si tratta di investire sul piano tecnologico ed organizzativo. Purtroppo le competenze sono molto distribuite tra enti diversi, ma speriamo che nel 2011 si possa giungere ad un nuovo protocollo per il miglioramento dell’efficienza e della tempestività della rilevazione. I risultati raggiunti nel 2010 nel corso delle sperimentazioni svolte sono incoraggianti, ma ora vanno estesi a tutto il territorio nazionale. 

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