1. Home
  2. Nessuna categoria
  3. Il lavoro che non si vede
Nessuna categoria

Il lavoro che non si vede



Il lavoro che non si vede

In Italia l’economia sommersa vale il 19% del Pil. Alla scoperta del mondo del lavoro irregolare e senza diritti, che colpisce soprattutto i migranti

 

Sono i nuovi schiavi del terzo millennio, esseri umani senza diritti e senza voce, dei quali un’economia sempre più nera dove non di rado si insinua il cancro della malavita, ha un bisogno sfrenato. Una pentola che si è scoperchiata coi drammatici episodi di Rosarno, in Calabria, dove si è arrivati allo scontro fisico e alla vera e propria caccia all’immigrato. Ma il problema non è solo a Rosarno. In Italia, infatti, quasi il 19 per cento del Pil viene dal sommerso, mentre la media europea è solo del 5 per cento. Evidente quindi che un’economia basata in gran parte sul lavoro irregolare abbia bisogno di queste figure di lavoratori “ultraflessibili”, che non hanno diritti e non possono rivendicarli.

Una fascia di persone su cui si abbatte ora anche il problema della normativa che considera un reato la clandestinità. «Di certo l’introduzione del reato di permanenza illegale dello straniero extracomunitario introdotto dal cosiddetto pacchetto sicurezza ha avuto effetti controproducenti nella lotta alla schiavitù lavorativa e al lavoro nero» dice l’avvocato Gianfranco Schiavone dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione). Inoltre il dispositivo giuridico che lega soggiorno e lavoro fa sì che anche il regolare sia un clandestino potenziale. È come dire che tu sei essere umano solo come ingranaggio della macchina produttiva, ma se perdi il lavoro perdi dignità di cittadino, diventi un clandestino penalmente perseguibile.

Così a molti immigrati non vengono lasciate tante possibilità di scelta. Coloro che hanno avuto un permesso anche lungo, se perdono il lavoro hanno solo sei mesi per trovarne un altro, dopo di che vengono privati anche del permesso di soggiorno. Sono gli irregolari di ritorno, quelli che non vogliono lasciare il paese perchè magari hanno portato qui la famiglia.

Poi ci sono i rifugiati che in teoria dovrebbero essere i più protetti. Peccato che non esista una normativa che preveda un percorso di inserimento sociale dei rifugiati riconosciuti. Così succede che, quando la domanda di asilo viene accolta e la persona riceve uno stato di protezione, deve lasciare il centro in cui si trova e viene abbandonata a se stessa.

«Una parte di queste persone trovano inserimento nel sistema di protezione attivato dalla rete dei Comuni – precisa Schiavone – ma i posti sono pochi e una volta sistemate le persone più vulnerabili, per la maggior parte dei singoli non c’è posto». E così il 30 per cento dei lavoratori sfruttati al nero sono rifugiati (come anche a Rosarno).


I sommersi e i salvati

In teoria molti irregolari potrebbero uscire dalla clandestinità denunciando chi approfitta della loro condizione per sfruttarli. La legge sull’immigrazione lo consente. Se ne è fatto largo uso nel caso della prostituzione.

Ma in pratica, se il lavoratore straniero irregolare denuncia il suo sfruttatore, viene sottoposto ad una sanzione penale con procedimento direttissimo, mentre l’azione penale nei confronti del denunciato per sfruttamento segue il suo lento ed incerto corso, finendo magari archiviata in seguito all’espulsione dello straniero.

«Una diversa applicazione delle norme vigenti consentirebbe un’azione immediata ed efficace – spiega Schiavone –. Lo stesso procuratore della Repubblica che riceve la denuncia di sfruttamento lavorativo potrebbe richiedere al Questore il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale in favore del lavoratore sfruttato e contestualmente rigettare la richiesta di rinvio a giudizio per il reato di permanenza illegale, essendo così divenuta legale la presenza dello straniero».


Non solo stranieri

Purtroppo in Italia il lavoro nero e irregolare non riguarda solo gli stranieri. Nella nostra economia le medie e le grandi imprese delegano il compito di generare occupazione alle micro imprese che per fare utili sono spesso costrette a spremere il lavoro. E così la domanda di chi cerca lavoro incontra l’offerta di chi è disposto ad assumerlo in cambio di salari sempre più bassi e diritti praticamente inesistenti.

E poi c’è lo scoglio della burocrazia che anche i cittadini italiani conoscono bene. «Ma per gli stranieri l’inefficienza della macchina dello Stato può avere conseguenze drammatiche – denuncia Schiavone –. Molti di loro attendono per mesi e addirittura per anni che l’amministrazione della pubblica sicurezza rilasci o rinnovi i permessi di soggiorno, e nel frattempo a causa di queste inadempienze questa gente vive in condizioni giuridicamente precarie: non possono legalmente prendere in locazione alcun immobile, difficilmente riescono ad iniziare un nuovo rapporto lavorativo e così finiscono facilmente nell’incubo dello sfruttamento illegale e del lavoro nero».


Ai margini della società

Chi non vuole sentir parlare di stranieri neri o bianchi, regolari o clandestini è Salvatore Lo Balbo, segretario nazionale della Flai-Cgil. «Per noi sono tutti lavoratori punto e basta – sostiene Lo Balbo –. Un passo avanti sarebbe non fare alcuna differenza tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri perchè qualsiasi essere umano che presta la propria opera per conto di terzi è un lavoratore nei confronti del quale non è accettabile nessun genere di discriminazione».

In effetti la stragrande maggioranza dei lavoratori stranieri sono in regola con le leggi sull’immigrazione. I lavoratori comunitari sono tutti in regola per definizione. Quelli non in regola sono una minoranza. «Il problema è che la macchina produttiva illegale e lo sfruttamento dei lavoratori agricoli sono mali endemici del nostro Paese – dice Lo Balbo –. Allo stato attuale ci sono 900mila lavoratori agricoli italiani con drammatici problemi di legalità».

Ma se lo sfruttamento nelle campagne è una pratica antica esercitata nei confronti di tutti i lavoratori indipendentemente dalla razza o dalla nazionalità, il lavoratore extracomunitario vive una situazione ancora più grave che lo spinge ai margini estremi della società, in luoghi tremendi dove non arrivano quasi mai le istituzioni, per non parlare di servizi come acqua, gas e luce.

«Tutti parlano di sicurezza, ma nessuno si occupa della sicurezza e della salute di queste persone» dice Rolando Magnano di Medici Senza Frontiere che denuncia le condizioni inumane in cui tanti lavoratori stranieri sono costretti a vivere. «Arrivano sani in Italia, giovani fra i 20 e 30 anni nel pieno delle forze fisiche, e poi si ammalano perchè vivono in condizioni disumane e lavorano più di 8-10 ore al giorno per una paga da fame». È evidente che tra le condizioni di lavoro e quelle di vita c’è un legame molto stretto.

«Se per ipotesi chi raccoglie i pomodori guadagnasse 200 euro al giorno andrebbe a vivere in un albergo o affitterebbe un appartamento – precisa Lo Balbo –. Questo non significa che chi vive in condizioni disagiate debba essere abbandonato a se stesso, lasciato senz’acqua e senza assistenza sanitaria». Questi esseri umani vengono per lavorare e mandare anche qualcosa a casa. Ma guadagnano 25-30 euro al giorno e alla fine ciò che gli rimane è pochissimo. Quindi non hanno altra scelta che vivere ammassati dentro fetidi edifici abbandonati. E da questo deriva tutto il resto, compreso l’abbrutimento umano di chiunque, italiano o no, è costretto a vivere in condizioni di precarietà e abbandono che spesso danno luogo a tensioni con la popolazione locale com’è accaduto a Castel Volturno e a Rosarno. E come potrebbe accadere altrove se questo nostro Paese non si mette in testa che legalità e sicurezza, integrazione e accoglienza sono facce della stessa medaglia.


Aldo Bassoni

Condividi su

Lascia un commento

Dicci la tua! Scrivi nello spazio qui sotto cosa pensi dell’articolo, la tua opinione è importante per noi.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.
Devi accettare i termini per procedere

Iscriviti alla
newsletter

di Consumatori

Ricevi ogni mese via mail la rivista digitale e le notizie più interessanti