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Coop, fatti e idee contro la crisi

Coop, fatti e idee contro la crisi

Il peso della manovra economica varata dal Governo con un aumento dell'Iva che drenerà 7 miliardi dai consumi. Ma Coop, alle critiche, unisce proposte: un piano di sviluppo da 500 milioni di euro e un impegno ad aumentare la convenienza per le famiglie. E la richiesta di nuove liberalizzazioni

Il giudizio critico sulla manovra economica del governo è netto. E non solo per le misure che aumentano la tassazione delle cooperative, ma ancor di più per la scelta di portare dal 20 al 21% l’aliquota dell’Iva e per l’assenza di misure che favoriscano la crescita e lo sviluppo, a cominciare dalla liberalizzazione di diversi settori. Ma, come nel suo stile, Coop (nel presentare il suo rapporto 2011 su Consumi e distribuzione di cui parliamo anche nelle pagine seguenti ndr) accanto alle osservazioni critiche affianca anche proposte e impegni che si assume in prima persona, scelte di sviluppo e iniziative per sostenere il reddito delle famiglie. "Quando si è una realtà cooperativa che riunisce sette milioni e mezzo di soci, presente dal Trentino alla Sicilia, e si è la più grande catena distributiva del paese, con una quota del 18,3% del mercato – spiega il presidente del consiglio di gestione di Coop Italia, Vincenzo Tassinari – il dovere è sì di dire la nostra sul piano delle misure di politica economica che vengono adottate, ma riteniamo altrettanto doveroso fare proposte, assumere impegni. Insomma dare il senso che vogliamo contribuire a far uscire il paese dalle secche della crisi, vogliamo far sentire alle famiglie che stiamo dalla loro parte. Ritrovare uno spirito di coesione è oggi fondamentale. E Coop vuol essere un esempio in questo senso".

Coop, lo sviluppo continua
E allora, dopo le critiche più che legittime alla manovra economica, cominciamo proprio dagli impegni in positivo. Che sono in primo luogo quello di confermare e continuare con una strategia di sviluppo della rete di vendita che, da qui al 2013, porterà all’apertura di 55 nuovi negozi (44 supermercati e 11 iper), con un investimento di oltre 500 milioni di euro e 2.500 nuovi occupati. La cosa, considerato che la crisi dei consumi (ancora ben lungi dall’essere vicina a esaurirsi) colpisce in primo luogo il settore della distribuzione, assume dunque un rilievo ancora maggiore. "In più – aggiunge Tassinari – Coop, che nel 2011 conta di superare i 13 miliardi di euro di fatturato complessivo (con un più 1,7% sul 2010), conferma la sua presenza e la volontà di svilupparsi nelle regioni del sud, da cui invece altre grandi catene hanno scelto di ritirarsi".
Al piano di sviluppo, si affiancano poi misure più immediate sul tema della convenienza, come una campagna di forti sconti su un paniere di oltre 100 prodotti a marchio che durerà per ottobre e novembre. "L’autunno che ci aspetta – spiega Tassinari – si presenta particolarmente difficile, per le tante incertezze che pesano sul paese, per questo ci pare essenziale mandare un ulteriore segnale, che la gente possa raccogliere quando va nei nostri punti vendita. Sulla convenienza abbiamo lavorato tantissimo in questi anni, le cooperative hanno rinunciato a quote di margine per assorbire gli aumenti e non scaricarli sui consumatori. Su questa strada vogliamo continuare, ma è chiaro che, e qui sta una parte importante delle nostre proposte agli altri interlocutori politici ed economici nel paese, se non si ritrova una capacità di costruire risposte condivise e di sistema i rischi aumentano".
E qui le riflessioni che Coop propone si incrociano con la crisi e la manovra voluta dal governo.
"Il reddito disponibile delle famiglie è calato di 6/7 punti rispetto al 2007 – spiega il vice-presidente di Ancc-Coop Enrico Migliavacca – il calo dei consumi procapite, sempre dal 2007 a oggi, è stato di circa 4 punti. E ora si aggiunge il colpo dell’aumento di un punto di Iva, che incide su circa il 50% dei prodotti in vendita. Dalle nostre analisi, un punto percentuale di aumento di Iva generalizzato drenerebbe 7 miliardi di consumi in meno, due dei quali nei settori alimentari".

Iva al 21%, una scelta sbagliata
"Il nostro giudizio su aumenti di Iva è sempre stato negativo – aggiunge Tassinari. E’ la tassa più iniqua perché pesa in egual misura per tutte le fasce di contribuenti. Proviamo a pensare a cosa accadrebbe se nella delega fiscale in discussione si aumentasse l’Iva anche su prodotti di prima necessità: l’aumento di un centesimo su un chilo di pane peserebbe uguale per la tasca del pensionato come per quella di Marchionne, una cosa profondamente ingiusta. Ciò detto, l’aumento già deciso è da valutare in negativo perché peserà su categorie merceologiche già in recessione, come il multimediale, il tessile, l’abbigliamento o la chimica. Ma soprattutto perché non si tiene conto che c’è ancora in atto una spinta inflazionistica che deriva in larga parte dall’aumento delle materie prime. I dati di questi anni dimostrano che i prezzi a cui noi acquistiamo sono cresciuti di circa 3 punti in più rispetto a quanto noi poi vendiamo. Ciò significa che Coop e la distribuzione italiana si sono tenute in pancia parte degli aumenti per non scaricarli sui consumatori. Prova di ciò è che, analizzando la variazione dei prezzi dal 2007 al 2010 in Europa, l’Italia ha fatto segnare un aumento del 2.3%, molto inferiore a quello di Francia e Germania, +6,3% e dell’Inghilterra, addirittura +9,6%; segno concreto che in Italia abbiamo fatto la nostra parte. Oggi noi diciamo che serve un impegno comune delle industrie produttrici, un patto per contenere i prezzi e non pensare che tutto si possa metter sul conto delle famiglie. Il quadro è oltremodo preoccupante se si tiene conto che, dalle nostre stime, il punto di Iva in più produrrà un aumento di costi per una famiglia (con due figli) di 300 euro nel 2011 e altrettanti nel 2012. A queste cifre vanno poi aggiunti gli effetti di aumenti di prezzo derivanti dalle materie prime (per fare alcuni esempi, tra l’estate 2010 e quella 2011 il prezzo del frumento tenero è cresciuto del 90,8%, quello del grano duro del 75,3%, quello del mais del 64,4%, quello del caffè del 62,4%, quello dello zucchero del 36,6%). Così si comprende perché, ad oggi, le stime che Coop Italia ha elaborato sulla base delle richieste dei fornitori per il 2012 sono di aumenti medi del 4,6%", assolutamente insostenibili dalle famiglie italiane.
Un secondo fronte di proposte Coop lo avanza al mondo dell’agricoltura italiana, anche nell’estate 2011 attraversato da polemiche. "Di fronte a una flessione strutturale dei consumi di frutta, verdura e carne, e a un contemporaneo eccesso di produzione, ci pare sbagliato perdersi in polemiche, come quelle sulle pesche, in cui si sono dette cose non vere anche da parte del ministro competente. Noi pesche a 20 centesimi al chilo non ne abbiamo mai comprate, perché sono quelle di qualità più scadente; noi vendiamo quelle di qualità e cerchiamo di riconoscere agli agricoltori un prezzo equo, compatibile con il mercato. Noi riteniamo che l’obiettivo da perseguire in maniera congiunta, sia quello di promuovere e comunicare la qualità dei prodotti italiani, i legami col territorio e valorizzare le filiere. Insomma serve una alleanza, senza pensare che ci siano i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Alla fine è il consumatore che occorre convincere".

Liberalizzazioni da rilanciare
L’ultimo capitolo delle osservazioni Coop riguarda le liberalizzazioni, da tante parti ritenute come una delle leve fondamentali per rilanciare la nostra economia.
"Alle liberalizzazioni – conclude Tassinari – noi abbiamo dimostrato di crederci e abbiamo dati che confermano come da queste cose sia derivato un beneficio evidente per i consumatori. Per questo critichiamo il governo che, dopo un annuncio di apertura le ha fatte letteralmente sparire e lo sollecitiamo ad andare avanti, ad aprire nuovi settori ad una maggiore concorrenza. Serve uno slancio politico forte, una capacità di cogliere le sfide che Coop ha avuto ma che, anche nel mondo delle imprese distributive, non tutti mostrano di avere".
Le cifre che Coop propone sono ovviamente legate alla (parziale) liberalizzazione della vendita dei farmaci. Con i suoi 105 corner salute, che hanno portato all’assunzione di 315 farmacisti, il risparmio generato è stato di 11 milioni di euro. Senza che nessuna farmacia abbia chiuso per crisi, le parafarmacie della grande distribuzione hanno proposto prezzi mediamente inferiori del 21%.
Considerazioni analoghe si possono fare sul piano della telefonia mobile, dove le attivazioni CoopVoce hanno raggiunto quota 680.000. Pur sfidando colossi enormi, CoopVoce, ha erogato ai propri clienti traffico gratuito per 2 milioni e 750 mila euro, cui è da aggiungere quasi 1 milione e mezzo di traffico che i soci hanno ottenuto usando i punti. Dunque la sfida del mercato può funzionare. E a trarne beneficio sono le famiglie (sul piano della convenienza) e l’economia nel suo complesso (grazie alla nuova occupazione che si crea).   
 



Dario Guidi

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