Coop, così tuteliamo i diritti e combattiamo il lavro nero
Coop, la prova legale
Nel settore ortofrutticolo Coop ha circa 120 fornitori che, a loro volta, lavorano con 14.500 aziende agricole. Ecco come viene combattutto il lavoro nero
Nel 1998 – prima azienda europea e fra le prime al mondo – Coop ha ottenuto la certificazione etica secondo lo standard SA8000 che prevede requisiti di esclusione del lavoro minorile, di sicurezza e di salubrità dell’ambiente di lavoro, combatte le discriminazioni di qualsiasi tipo (razziali, sessuali, di religione), stigmatizza le pratiche coercitive, richiede che stipendi e salari siano nel rispetto delle leggi vigenti. «Tutti i fornitori di prodotto a marchio Coop hanno sottoscritto tali requisiti, impegnandosi a estenderli lungo l’intera filiera produttiva» dice Claudio Mazzini, responsabile Innovazione Qualità e Valori di Coop Italia.
Nel 2005, in concomitanza con l’uscita del primo rapporto di Medici senza Frontiere sulle condizioni dei migranti impiegati in agricoltura nelle regioni del sud Italia, Coop ha ulteriormente rafforzato il presidio sociale nelle filiere di propria pertinenza. «Tutti i fornitori sono controllati annualmente nel pieno della campagna produttiva attraverso verifiche ispettive nei luoghi di produzione eseguite tramite tecnici incaricati, per assicurare il rispetto dei requisiti previsti dal capitolato – prosegue Mazzini –. Inoltre Coop richiede ai propri fornitori di condurre a loro volta verifiche presso le aziende agricole, attivando un insieme di controlli “a cascata”».
Ma come vengono effettuate le ispezioni? E quali sono i problemi che ad ogni stagione vengono affrontati, soprattutto al Sud dove esiste una estrema frammentazione delle aziende e un alto rischio di illegalità? «Si parte da una check-list con tutti gli elementi della SA8000 da controllare – spiega Franco Ciappelli, coordinatore attività di Responsabilità Sociale di Coop Italia e Responsabile Certificazione SA8000 –. Al termine della verifica l’ispettore elabora un report sulla base di un colloquio con il titolare dell’azienda, che comunque deve esibire una documentazione (buste paga, visite mediche, orario di lavoro, eccetera) e di una serie di interviste ai lavoratori in modo da capire non solo se quanto verificato presso i titolari dell’azienda corrisponde a verità ma anche se la percezione dei lavoratori corrisponde alla realtà. Infatti, come i titolari possono giustificare alcuni aspetti gestionali non conformi, così anche i lavoratori possono avere percezioni sbagliate delle modalità con cui vengono trattati».
Le ispezioni si possono fare in tanti modi. Coop ha scelto di andare in profondità. Questo spiega perchè nel caso di pomodori, arance e clementine Coop utilizza modalità di intervento molto legate alle situazioni locali.
«Posso dire che sulla Calabria avevamo approfondito il nostro presidio già da un anno e mezzo ed i fatti di Rosarno non ci hanno quindi colto impreparati. Da qualche anno avevamo selezionato i fornitori sulla base della loro capacità di rispettare i diritti del lavoro escludendo in larghissima parte le produzioni della zona di Gioia Tauro. Poi bisogna comunque effettuare verifiche a campione e vedere quali sono gli elementi di criticità che attengono a quel territorio. Noi lo facciamo. Abbiamo convocato i nostri fornitori per discutere insieme i risultati delle verifiche del 2009 e dei primi mesi del 2010. Se c’era qualcosa che non andava lo abbiamo detto e pretendiamo sempre che vengano risolti gli aspetti di non conformità». Solo nel settore ortofrutticolo, che è uno dei settori più a rischio, Coop ha circa 120 fornitori che a loro volta hanno 14.500 aziende agricole sottostanti.
«Uno degli elementi che caratterizza le situazioni del Sud – conclude Ciappelli – è che i produttori che operano bene spesso si sentono completamente isolati e trovano in noi qualcuno che li sostiene e li aiuta a raggiungere livelli di eccellenza come accade ad esempio in altre regioni d’Italia».
«I fornitori di Coop sanno che il nostro obiettivo è dare ai consumatori prodotti sicuri, convenienti, buoni ed etici – spiega Mazzini –. In questo contesto si inserisce anche il progetto “Coop for work” e la stesura della “Linea guida per la sicurezza dei lavoratori nelle aziende agricole” – spiega Mazzini –, che in un comparto critico quale è quello agricolo si prefigge di rafforzare la cultura della prevenzione e la consapevolezza di tutti gli operatori del settore sulla sicurezza nei luoghi di lavoro».
Condividi su
Iscriviti alla
newsletter
di Consumatori
Ricevi ogni mese via mail la rivista digitale e le notizie più interessanti