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“Bisogno di democrazia economicaâÂ?

 

“Bisogno di democrazia economica”
Zamagni: "La crisi insegna che il mercato deve essere plurale. Per questo il ruolo della cooperazione crescerà"

“Se c’è una forma di impresa che, guardando al futuro, è destinata a crescere questa è la cooperazione. È uno degli insegnamenti che emerge con nettezza della crisi che stiamo vivendo. E dunque è più che opportuno e per niente rituale il fatto che il 2012 sia stato proclamato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’anno mondiale della cooperazione”.

Parola di Stefano Zamagni, docente di economia politica dell’Università di Bologna, presidente dell’Agenzia del terzo settore e uno dei massimi esperti di economia sociale e cooperativa nel nostro paese. Perché, professore, la crisi attuale la porta a dire che la cooperazione è destinata a crescere nel futuro?
Ciò che le vicende di questi ultimi anni ci insegnano è che la crisi è figlia dell’uniformità del modello di impresa presente sul mercato. Il mercato ha bisogno di pluralismo per funzionare in modo equilibrato e dunque a fianco dell’impresa capitalistica ci devono essere imprese sociali e imprese cooperative. Tutti hanno capito, partendo dalle vicende drammatiche che hanno coinvolto tanti paesi e il cui esito non è ancora definito, che senza la democrazia economica anche la democrazia politica rischia l’eutanasia. Per questo c’è bisogno di più cooperazione. Poi certo la cooperazione deve essere pronta a fare la sua parte, a innovare e aggiornarsi.

Ma quali sono gli elementi positivi che l’impresa cooperativa può offrire?
Anche qui, parto da ciò che la realtà ci mostra. I cittadini sono sempre più insofferenti per le modalità con cui sono organizzate le imprese. La gente vorrebbe lavorare e vivere in contesti nei quali le opinioni e i talenti sono tenuti in considerazione. L’organizzazione del lavoro di tipo tayloristico, così frammentata ed esasperata, è sempre più destinata a diventare un retaggio del passato. In questo la forma cooperativa può offrire in più qualcosa di molto importante perchè i soci non sono semplici dipendenti, ma partecipano e codeterminano le scelte. 

Uno degli altri elementi che la crisi di questi anni sta mettendo in discussione è il welfare state, cioè la rete di servizi universali così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi decenni. La cooperazione può giocare un ruolo su questo fronte?
Certamente. Il nuovo welfare statale sarà concentrato sul garantire i cosiddetti Lea e Lep, cioè i livelli essenziali di assistenza e di prestazione. E sarà già importante riuscire a difendere questi. Ma i livelli essenziali non bastano certo a garantire una risposta piena e di qualità ai bisogni della società. Per questo bisogna andare oltre e costruire soluzioni innovative. Per esempio nella sanità, siamo già di fronte a un universalismo solo teorico. La discriminazione tra chi può permettersi una assicurazione privata e chi no c’è già. E qui lo spazio per mettere in campo forme di gestione di tipo cooperativo che allarghino il welfare è enorme.

Un altro dei temi su cui lei insiste è quello dei beni comuni. Anche questo rimanda al ruolo della cooperazione…
È un altro dei fronti importanti di intervento che mi portano a dire che il ruolo della cooperazione nel futuro è destinato a crescere. Beni comuni vuol dire acqua, aria, conoscenza, biodiversità. Sono cose su cui la gestione ottimale non è né quella pubblica né quella privata. Qui la gestione ottimale è comunitaria, cioè cooperativa. Da poco a Melpignano, in provincia di Lecce, è nata la prima cooperativa di comunità che gestisce il servizio di energia elettrica attraverso dei pannelli solari. È la direzione giusta su cui andare. Il segno di una possibilità di sviluppo che va colta. 

E della cooperazione di consumatori cosa ci dice…
Parliamo di una forma di cooperazione che è nata per far pagare prezzi più bassi alle classi povere. Quello della convenienza resta ancora un tema fondamentale, ma non basta più. Oggi non può più essere solo questa la base su cui si fonda la cooperazione di consumo. Dico questo perché nella corsa al ribasso può arrivare un colosso come Walmart che riesce a proporre prezzi ancora più bassi dei tuoi, perché fa leva su scelte che tu come cooperazione non puoi condividere né accettare. Per questo dico che la sfida di un soggetto come Coop deve essere quella di dare sì convenienza e qualità, ma soprattutto di “rendere sovrano il consumatore”. Uso una espressione formulata a metà ’800 da un filosofo ed economista come John Stuart Mill, che è stato uno dei padri del liberalismo. Il consumatore vota col portafoglio, ogni giorno facendo le sue scelte d’acquisto e dunque occorre riuscire a essere aggregatori delle preferenze di cittadini e consumatori su obiettivi strategici, cioè organizzando la domanda e facendola diventare un fattore politico che pesa sul mercato e nella società. Se la cooperazione di consumatori riesce a far questo non c’è Walmart che tenga.

Ultima battuta: una direttiva europea uscita a ottobre 2011 parla di cooperazione. Cosa dice?
Considero questa risoluzione di estrema importanza. Una risposta a tanti uccelli del malaugurio che pensavano la cooperazione fosse destinata a un ruolo sempre più marginale. Invece proprio da una istituzione europea, si indica come obiettivo strategico per garantire uno sviluppo più consistente ed equilibrato, quello del rafforzamento operativo della operazione e dell’economia sociale. E qui torniamo all’inizio della nostra chiacchierata. Al fatto che, qui a noi in Europa, c’è bisogno di più pluralismo economico. (D.G.)

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