L'acqua di rubinetto? Sui dati serve
più trasparenza da parte dei gestori
I primi risultati di una indagine della Fondazione Anci-Cittalia
Avere a disposizione una etichetta pienamente trasparente dell’acqua pubblica, cioè dati accessibili, completi, omogenei e raffrontabili sulla qualità di ciò che esce dai nostri rubinetti, è cosa ancora lontana. Qualche passo si è cominciato a farlo, ma parziale e in ordine sparso. Intendiamoci, non che ciò significhi che l’acqua che beviamo non sia pienamente potabile (vedi qui sotto l’intervista al professor Ottaviani ndr). No, il tema è quello di affermare anche da noi la trasparenza della pubblica amministrazione e il diritto del cittadino a una completa informazione, come elementi essenziali e normali dell’attività di chi gestisce la cosa pubblica.
Queste considerazioni sono il primo risultato dell’indagine che la Fondazione Cittalia, espressione dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, sta realizzando d’intesa con Coop, proprio perché nella campagna sull’acqua che Coop ha promosso, il tema dell’acqua pubblica è considerato sullo stesso livello di importanza di quello dell’impatto ambientale delle acque minerali. Ovvero, per incentivare il consumo di acqua pubblica, l’informazione verso i cittadini e le famiglie è una premessa fondamentale. Da qui la scelta, attraverso Cittalia, di condurre una indagine tra i 182 gestori aderenti a Federutility, per verificare se i dati sulla qualità delle acque potabili fossero o meno disponibili su internet, e come fossero presentati. L’indagine sarà completata nelle prossime settimane, ma già ora emergono alcune tendenze significative. "Il dato parziale – spiega il direttore ricerche di Cittalia, Paolo Testa che sta curando l’indagine assieme a Marco Calaresu – riguarda le 15 città metropolitane (Roma, Milano, Napoli, Bologna, Torino, Genova, Firenze, Reggio Calabria, Venezia, Trieste, Bari, Cagliari, Palermo, Catania, Messina) e altri 7 capoluoghi di provincia tra Calabria, Liguria e Umbria dove quindi abitano più di 10 milioni di italiani. Dal nostro punto di vista ci è parso importante contribuire a definire una fotografia della situazione perché favorire una relazione positiva tra enti pubblici e cittadini è importantissimo. In premessa c’è da spiegare che i gestori hanno obblighi di comunicazione dei dati solo verso altri enti come Regioni, Comuni e Asl, ma non verso gli utenti. Se però si estendono gli obblighi di trasparenza nell’accesso agli atti, propri delle pubbliche amministrazioni, anche a chi svolge attività di pubblico interesse, come è sicuramente la gestione del servizio idrico, allora le cose cambiano. E fornire i dati dovrebbe rappresentare il contributo che i gestori forniscono alla crescita della sensibilità dei cittadini verso questo tema".
E qual è invece la situazione? Che delle 22 città considerate, su 25 gestori operanti solo 15 propongono dati sulla qualità dell’acqua sul proprio sito internet.
Ma avere dei dati su internet non significa aver risolto il problema, perché occorre capire come sono proposti e con che contenuti. Ad esempio la possibilità dell’utente di scaricare i dati viene offerta solo da 7 realtà. Se invece si cerca di sapere quale sia il riferimento temporale di quei dati (cioè a quando sono state fatte le analisi), ben 6 società (su 15) non indicano alcuna data, alcune fanno riferimento genericamente all’anno (dal 2007 al 2011) e solo in un caso il dato è aggiornato settimanalmente. Stesso problema di disomogeneità si rileva sulla localizzazione del campionamento, in alcuni casi (4) non è specificato, mentre negli altri si fa riferimento genericamente all’intera città o a singoli quartieri, rendendo comunque difficile poter fare raffronti.
Se si va infine a guardare alla qualità dei dati (ribadito che in tutte le realtà siamo ovviamente in presenza di acque pienamente potabili) rispetto ai diversi parametri microbiologici e chimici, si scopre che, oltre alla carenza di indicazioni sui laboratori che le hanno effettuate, anche qui non c’è omogeneità. Il problema riguarda la diversità dei parametri rilevati tra chi non rileva la durezza e chi non rileva l’acidità, tra chi non rileva l’ammonio e chi non i nitriti o i nitrati.
Per ora ci fermiamo qui. Infilarsi in analisi più dettagliate, di fronte a una indagine ancora parziale, sarebbe prematuro. L’obiettivo dell’indagine è anche quello di stimolare i gestori a garantire una maggiore informazione verso i cittadini, nel segno della piena trasparenza. Qualche passo si è fatto, ma la strada da percorrere è ancora lunga.
Dario Guidi