Prendiamo troppi antibiotici. Non solo in casi in cui sono del tutto inutili, perché sulle infezioni causate da virus non hanno alcun effetto; ma, anche in modo inappropriato, quando cioè non ce ne sarebbe bisogno, con effetti negativi che riguardano la salute di tutti. Ovvero quelli di aumentare le resistenze nei pazienti, cosa che ha contribuito e contribuisce al proliferare dei “super batteri” contro i quali i farmaci antibiotici non riescono più a funzionare. L’allarme è reale: nel 2050 il fenomeno dell’antibiotico resistenza sarà la prima causa di morte in Europa.
Che tutto ciò sia un pericolo lo testimonia anche un sondaggio dell’Eurobarometro, un servizio della Commissione europea che misura ed analizza le tendenze dell’opinione pubblica in tutti gli Stati membri, condotto tra i paesi dell’Unione proprio sull’uso di questi farmaci. Dal sondaggio risulta che il 32% degli europei ha assunto antibiotici oralmente negli ultimi 12 mesi (con un calo del 2% rispetto al 2016). In Italia questa stessa percentuale arriva addirittura al 47%, con un aumento del 4% rispetto al 2016.
È del 9% la percentuale degli italiani che non ha seguito – come si dovrebbe – una prescrizione medica nel curarsi con un antibiotico. In generale quello che emerge dal sondaggio è una scarsa conoscenza dell’utilizzo degli antibiotici e dei rischi che si corrono personalmente – e come comunità – nel non seguire le prescrizioni. La maggioranza degli italiani (65%) pensa che gli antibiotici siano efficaci contro i virus, ad esempio. Certo, solo il 9% degli italiani afferma di aver preso un antibiotico anche se non prescritto da un medico, ma questa percentuale scende al 7% nel resto d’Europa. Tutti gli intervistati a livello europeo citano bronchite (16%), mal di gola (14%), influenza (12%) e infezioni del tratto urinario (12%) come ragioni per prendere gli antibiotici. E, in Italia, il 16% delle persone intervistate (contro il 13%) europeo ritiene che sia opportuno interrompere il dosaggio se nel corso della cura si comincia a star meglio. Il 64% degli italiani non ha fatto un esame specifico per scoprire se fosse necessario assumere un antibiotico e quale.
È probabilmente questo mix di disinformazione e leggerezza a far sì che oggi nel nostro paese, sempre secondo fonti dell’Istituto Superiore di Sanità, ci siano ceppi batterici tra i più resistenti in Europa. Il che provoca, anche stando ai numeri dell’Istituto Superiore di Sanità, tra 450 e 700 mila infezioni in pazienti ospedalieri ogni anno, il 30% delle quali potenzialmente prevenibili. Uno scenario preoccupante: la tendenza, dicono gli esperti, si può però invertire, a patto di adottare una sinergia sanitaria multidisciplinare che coinvolga, contemporaneamente, medicina umana e veterinaria, ricerca, agricoltura, zootecnia. Per questo motivo Coop ha optato per ridurre il più possibile l’uso degli antibiotici negli allevamenti che forniscono la carne a marchio, attraverso il miglioramento delle condizioni di vita, e quindi di igiene e di benessere degli animali (vedi box nella pagina a fianco).
«Viviamo in una società aperta, dove i batteri viaggiano rapidamente. Le persone si spostano da un paese all’altro con loro le infezioni – spiega Vytenis Andriukaitis, commissario Ue per la Salute e la sicurezza alimentare – e se il trend di resistenza continuerà ci troveremo di fronte a un futuro “post- antibiotico” nel quale rischiamo di non essere più in grado di effettuare interventi chirurgici importanti. Diventerà impossibile effettuare trapianti di organi o impiantare dispositivi come, ad esempio, protesi dell’anca o nuove valvole cardiache». Semplici ferite provocate da cadute e incidenti potrebbero mettere a rischio le nostre vite. Secondo dati dell’Oms, questo problema è molto sentito negli ospedali, dove il 10% delle persone ricoverate finisce per sviluppare un’infezione. Basta un solo caso per contagiare gli altri pazienti e il personale sanitario. Serve un piano concreto, perché ogni infezione evitata corrisponde a un antibiotico risparmiato. Ma quasi la metà di tutti gli antibiotici a disposizione negli ospedali dell’Ue viene utilizzata in modo eccessivo o inappropriato.
Fa ben sperare, tuttavia, che sempre secondo il sondaggio di Eurobarometro il 75% degli italiani (contro il 65% del resto d’Europa) sia consapevole di avere bisogno di maggiori informazioni, in particolare riguardanti le condizioni mediche per cui gli antibiotici sono utilizzati. Per quanto riguarda gli allevamenti, solo il 52% degli italiani (contro il 38 degli europei) sa che l’utilizzo degli antibiotici per stimolare la crescita degli animali è proibito all’interno della Ue, ma con un confortante incremento, rispetto al 2016, del 13%.
E in caso di influenza… Infine va ricordato, visto che siamo nella stagione più a rischio, che contro l’influenza non servono gli antibiotici, efficaci contro i batteri e non contro i virus. Andrebbero presi solo in caso di complicanze respiratorie, invece in questo periodo c’è spesso una iper prescrizione, anche in peDiatria. Farmaci per abbassare la febbre, buona idratazione a base di acqua e spremute, alimentazione leggera – soprattutto minestre e pietanze liquide – sono la cura migliore. Il riposo è molto importante. Se si teme di avere l’influenza non bisogna correre al pronto soccorso, il luogo meno opportuno cui rivolgersi. Il rischio è di aspettare diverse ore prima della visita e di contagiare nel frattempo altre persone. La «vera» influenza, diversa dalle altre sindromi influenzali, si riconosce per la rapidità con cui colpisce. La febbre sale improvvisa oltre i 38 gradi, accompagnata da brividi, dolori alle ossa, inappetenza, mal di gola, tosse, perdita di appetito. Un quadro di generale indebolimento che può diventare pericoloso, ma solo in una persona fragile. Si guarisce in 7-10 giorni.