Quante persone in difficoltà economica non sono riuscite a curarsi o lo hanno fatto con grande difficoltà? A questa domanda risponde ogni anno il Rapporto sulla Povertà Sanitaria di Banco Farmaceutico.
Anzitutto va detto che, nonostante l’impronta universalistica del nostro Servizio Sanitario Nazionale, parte consistente della spesa farmaceutica resta a carico dei cittadini. In particolare, nel 2021 (ultimi dati disponibili) il 43,5% (cioè 3,87 miliardi di euro) della spesa farmaceutica è stata pagata dalle famiglie (+6,3% rispetto al 2020), con profonde differenze tra le possibilità di quelle povere e di quelle non povere. “Una persona indigente – spiega una nota del Banco Farmaceutico – ha a disposizione un budget per la salute pari a soli 9,9 euro al mese, mentre una persona non povera ha a disposizione sei volte tanto, cioè 66,83 euro mensili. Limitandoci al budget per l’acquisto di farmaci, i poveri hanno a disposizione solo 5,85 euro, mentre i non poveri 26”.
Il 60% della spesa sanitaria dei poveri è destinata alla spesa per farmaci, a fronte dell’equivalente 38% delle famiglie non povere. Questo perché – si legge ancora – il Ssn non offre alcuna copertura per i farmaci “da banco”, non avendo introdotto distinzioni tra chi è sotto la soglia di povertà e chi è al di sopra. Le difficoltà economiche lambiscono anche le famiglie non povere: nel 2021 hanno cercato di ridurre le spese sanitarie (rinunciando o rinviando visite mediche/accertamenti periodici) complessivamente oltre 4 milioni 768 mila famiglie (10 milioni 899 mila persone), di cui quasi 639 mila (1 milione 884 mila persone) in povertà assoluta. La rinuncia alle cure è stata praticata da 27 famiglie povere su 100 a fronte di 13 famiglie non povere su 100, per un totale di 15 famiglie su 100.