Salute e Bellezza

Le altre medicine. Ecco come si curano milioni di italiani

Le altre medicine
Milioni di italiani si curano così

Finita l'epoca dell'ostracismo, le medicine non convenzionali sono sempre più diffuse e praticate sia dai pazienti che dagli stessi medici che – a seconda delle necessità – le integrano con quelle tradizionali. Mancano ancora percorsi formativi regolamentati e numerosi disegni di legge in materia non hanno avuto seguito.  Ma c'è chi mette in guardia da cure e farmaci che potrebbero essere controproducenti

Omeopatia, fitoterapia, agopuntura. Sono le cosiddette medicine complementari, quelle che ormai nessuno più chiama “alternative”,  ma che vengono ancora distinte dalle cosiddette convenzionali. E sono così definite perchè sempre più spesso sono praticate in aggiunta, a complemento della medicina classica:  per migliorare il benessere complessivo, la qualità della vita, o per cercare altre soluzioni laddove, magari, è stato sperimentato un fallimento, una mancata guarigione, o per evitare effetti collaterali non desiderati provocati dai farmaci convenzionali.
Per un motivo o per l’altro, insomma, aumentano le persone che utilizzano le medicine complementari. Nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità affermi che l’omeopatia non è una cura, secondo gli ultimi dati disponibili (Eurispes), relativi al 2010, sono ben 9 milioni le persone che si affidano alle Cam (acronimo di Complementary alternative medicine), e all'omeopatia in particolare, pari al 18,5% della popolazione totale. Stime più recenti darebbero la stessa percentuale in crescita fino al 20%. Si curano così più donne che uomini, più al nord che al sud, in possesso di elevato di studio.
Tra le medicine non convenzionali la più praticata è l’omeopatia, seguita da chiropratica e osteopatia, fitoterapia e agopuntura. Il giro d’affari è di 300 milioni di euro all’anno con tassi di crescita annui di fatturato del 4%. I medici che prescrivono prodotti omeopatici sono circa 20mila, e settemila le farmacie che hanno un reparto specializzato in prodotti omeopatici.  In Italia abbiamo la Guna, un'industria leader dell’omeopatia nel nostro paese, che fattura oltre 50 milioni di euro all’anno e che ha una quota di mercato che sfiora il 30%.
Va ricordato che l’omeopatia in Italia è totalmente a carico del paziente: siamo liberi di curarci come vogliamo, insomma, purchè a spese nostre. Per quanto riguarda i farmaci, si possono comprare anche senza ricetta medica e non è previsto alcun rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale (a differenza della Francia, ad esempio, dove vengono rimborsati al 35%), ma vi sono assicurazioni private o professionali che invece coprono la spesa; inoltre  possono essere scaricati dall’Irpef come le spese sanitarie “normali”. È vietato pubblicizzarli e non possono essere venduti con il foglietto illustrativo, né riportare sulla confezione indicazioni terapeutiche o posologia. Del resto, secondo la farmacologia convenzionale, non hanno alcun effetto terapeutico e non possono essere considerati farmaci.
Ma come essere certi che il medico a cui ci rivolgiamo sia un serio professionista e non un improvvisatore? Nonostante la diffusione del fenomeno, la formazione in questo ambito, infatti, non ha fino ad ora ottenuto nessuna regolamentazione ed è stata sostenuta essenzialmente da istituti privati, scuole e associazioni, che hanno tentato di autoregolamentarsi definendo criteri comuni di insegnamento. La Federazione nazionale degli ordini dei medici ha fissato criteri minimi per la formazione dei medici che esercitano alcune delle medicine complementari e molti Ordini provinciali dei medici hanno istituito elenchi dei medici – consultabili sui siti web – che corrispondono a tali criteri. Lo stesso hanno fatto associazioni come la Simo (Società italiana medici omeopatici). Numerosi i gruppi di lavoro interregionali su questo tema, costituiti da parte della Commissione Salute del ministero. Ma a livello pubblico – confermano dal Ministero – nessun iter parlamentare ha dato seguito alle diverse proposte di legge, tutte concernenti la regolamentazione del percorso formativo a garanzia della professionalità dell’operatore.
Allora hanno provato a muoversi le Regioni. “Nei piani sanitari regionali di tutte le Regioni– dicono al Ministero – sono stati introdotti nell’ultimo decennio riferimenti a queste medicine e talora azioni programmate”. È il caso dell’Emilia-Romagna e della Toscana, dove c’è il più alto numero di strutture sanitarie pubbliche dove si esercitano queste discipline, con ambulatori aperti da molti anni. Il primo, nel 2010, a Pitigliano.
Sempre le Regioni hanno presentato una proposta alla conferenza Stato-Regioni: si prevede una formazione di tre anni con 400 ore di lezioni teoriche e 100 di pratica per chi vuole esercitare omeopatia, fitoterapia e agopuntura. Si tratta di una sorta di specializzazione post-laurea, che potrà essere svolta sia nelle facoltà di medicina che in strutture accreditate. Chi finisce il percorso di studi sarà inserito in elenchi speciali degli Ordini dei medici consultabili da tutti i pazienti. Un po’ come succede già ora in modo autoregolamentato dagli Ordini e dalle associazioni di medici.
Nel frattempo, molte Università hanno già adeguato la propria offerta realizzando corsi di perfezionamento e master sulle principali medicine complementari presso numerose facoltà di medicina e chirurgia (Firenze, Siena, Roma, Milano, Messina), mentre vi sono anche atenei che hanno attivato corsi prima della laurea per fornire agli studenti un’informazione generale sul settore.
La formazione continua in sanità, definita dalla Conferenza Stato-Regioni, si occupa soltanto di “valutazione dei fondamenti scientifici e dell’efficacia delle medicine non convenzionali” non di pratica clinica; nel piano sanitario nazionale 2006-2008 si parla di “fenomeno spesso occulto da rendere trasparente e controllato”, in nome delle garanzie della salute del cittadino. Ma nella bozza del piano sanitario 2011-2013 compare un approccio nuovo, poiché si fa riferimento alla “ricerca di prestazioni e servizi che intervengano a sedare gli stati di malessere e a porre rimedio al disagio e alle difficoltà di fronteggiare il quotidiano con crescita del ricorso anche a settori innovativi e a offerte della medicina alternativa”.
Per quanto riguarda l’agopuntura, vale la pena ricordare che in Italia la possono praticare solo medici. Chi la pratica senza questo requisito commette un atto illegale, punibile penalmente. Chiunque sia stato formato all'estero in questa disciplina, che fa parte della medicina tradizionale cinese, deve sostenere in Italia l'esame di Stato per poterla esercitare: centri nei quali l'eventuale agopunturista cinese è "coperto" da un medico italiano abilitato sono illegali.

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