Sopravvivere a un ictus ischemico, arginandone le complicanze, è una questione di minuti, anzi, di 15 minuti. Se le linee guida internazionali fissano a 4 ore e mezza il limite massimo entro cui somministrare i farmaci fibrinolitici dalla comparsa dei primi sintomi, un ampio studio statunitense pubblicato su Jama sottolinea l’efficacia di interventi più tempestivi. Mortalità, rischio di emorragie intracraniche e disabilità permanenti nel paziente colpito diminuiscono significativamente ogni 15 minuti giocati in anticipo sull’ictus.
Secondo l’indagine americana solo il 9 per cento dei pazienti riceve un trattamento tempestivo, per il 77 per cento, invece, le terapie d’urgenza iniziano entro i primi 90-180 minuti. Per abbreviare i tempi, due le strategie: riconoscere i primi segnali di ictus e chiamare il 118. Adottata in tutto il mondo, la Cincinnati Prehospital Stroke Scale insegna a capire se un amico o famigliare è colpito da ictus. In tre passaggi: chiedere di ripetere una frase, per capire se sono presenti alterazioni nel linguaggio, chiedere di sorridere, per individuare paresi facciali (bocca storta, asimmetrie nel volto) e chiedere di stendere le braccia per 10 secondi tenendo gli occhi chiusi, per esaminare la funzionalità degli arti (se un braccio cade o si muove diversamente dall’altro). «In presenza di questi segnali occorre chiamare il 118 per l’applicazione del codice ictus – spiega Elio Clemente Agostoni, direttore della Neurologia e Stroke Unit dell’Ospedale Niguarda -. Nella maggior parte dei casi ci si reca in ospedale con mezzi propri, penalizzando gravemente la presa in carico del paziente. L’applicazione di un percorso preferenziale e dedicato all’ictus consente di accelerare i tempi di intervento, l’ambulanza deve portare il paziente non nel centro più vicino ma in Stroke Unit idonee. Il 15-20 per cento dei casi non risponde ai fibrinolitici, è necessario intervenire con trombolisi intravenosa meccanica, una procedura più complessa e rischiosa». L’associazione per la lotta all’ictus cerebrale (A.L.I.Ce Italia Onlus) consiglia inoltre di cercare immediatamente soccorsi se ci si trova in una di queste condizioni improvvise: insensibilità o formicolii al volto, a un braccio o a una gamba; mal di testa forte e inspiegato, perdita della vista da un occhio; perdita dell’equilibrio o vertigini; incapacità di parlare o di capire cosa viene detto. La tempestività è fondamentale.
Dei 200mila ictus stimati ogni anno in Italia, la maggior parte si verifica tra i 65-70 anni e per ogni decade di età aumenta di 10 volte la possibilità di esserne colpiti. Se l’invecchiamento è un fattore di rischio non modificabile, è però possibile prevenire l’ictus tutelando la salute cardiovascolare. L’American Heart Association ha stilato una lista dei sette fattori di rischio (Life’s Simple 7): ipertensione, colesterolo, iperglicemia, obesità, fumo di sigaretta, inattività fisica, dieta non equilibrata. Secondo un’indagine condotta su 22mila volontari, pubblicata dalla rivista Stroke lo scorso gennaio, il miglioramento di questi parametri, anche lieve, abbassa il rischio di avere un ictus entro i prossimi 5 anni.
fonte: Fondazione Veronesi
1 Commento. Nuovo commento
Grazie di cuore!