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Salute e Bellezza

Affrontiamo l’inverno con la temperatura ideale

riscaldamento domestico

La tentazione di tutti noi, dopo aver visto le ultime bollette, sarebbe quella di chiudere i rubinetti del gas, indossare maglioni e berretti anche in casa, tirare fuori il trapuntone della nonna e accendere solo qualche flebile luce, ovviamente a led! Ma visto che dobbiamo trovare un equilibrio tra risparmio e salute, cerchiamo di capire quanto possiamo abbassare termostati e caldaie senza ammalarci.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nelle nostre case, ma anche negli uffici e in qualsiasi luogo pubblico, la temperatura ideale da tenere sarebbe quella intorno ai 20°. Questa è però un’indicazione del tutto generica, perché è bene considerare che, nei nostri appartamenti, ci sono ambienti diversi che hanno bisogno di essere più o meno riscaldati in base alle loro caratteristiche, all’uso che ne facciamo e alle temperature esterne. «Attenendoci comunque alle indicazioni dell’Oms, ma adattandole al contesto attuale e scendendo più nel dettaglio – spiega Gallieno Marri, medico di base ed esponente della Fimmg (Federazione medici di medicina generale) – diciamo che la temperatura non dovrebbe mai scendere sotto i 16 gradi, anche se si vuole risparmiare. Questo perché il nostro corpo deve mantenere una temperatura di circa 37 gradi – continua il medico – e se non riesce a gestire un abbassamento eccessivo si pone in condizione di stress termico, causa di calo delle difese immunitarie. La temperatura ottimale di circa 20 gradi ci assicura anche contro un’eccessiva differenza tra temperatura esterna e interna, che può portare anche in questo caso a inconvenienti come raffreddori e bronchiti».

Per lo stesso motivo, meglio non abbassare troppo la temperatura della doccia: piuttosto conviene farla breve e soprattutto chiudere il rubinetto mentre ci si insapona.

Intanto il ministero per la Transizione ecologica ha pubblicato il Regolamento per «realizzare da subito risparmi utili a livello europeo a prepararsi a eventuali interruzioni delle forniture di gas dalla Russia». Tra le misure previste una riduzione di 1 grado per il riscaldamento degli edifici, da 17 con più o meno 2 gradi di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili, da 19 con più o meno 2 gradi di tolleranza per tutti gli altri edifici. Inoltre, «i limiti di esercizio degli impianti termici sono ridotti di 1 ora per quanto attiene la durata giornaliera di accensione». Anche il calendario delle accensioni si riduce, con date differenti a seconda delle zone geografiche del Paese. Non è prevista dal documento l’ipotesi di ridurre il riscaldamento negli ospedali e nelle case di ricovero, cioè le “utenze sensibili”.

Quale temperatura scegliere a seconda delle stanze? Spiega il dottor Marri: «In camera da letto possiamo tranquillamente scendere fino a 16 gradi e nelle stanze di soggiorno a 18 gradi. In bagno, dove ci laviamo e stiamo spogliati, è bene non scendere sotto i 21 gradi. Nelle stanze che usiamo poco o per nulla come ripostigli o stanze degli ospiti si possono mantenere temperature ancora più basse».

Al di là degli aspetti normativi, dunque, deve essere il nostro buon senso a suggerirci come agire: tenere accesi i termosifoni per ore anche se non siamo in casa o pretendere di indossare maglietta e infradito tra le mura domestiche sono comportamenti oggettivamente sbagliati e dannosi. L’unica deroga a temperature un po’ più elevate va fatta in ragione dell’età degli abitanti della casa: «Se vi sono neonati o grandi vecchi non si può mai scendere sotto i 20 gradi. Le loro difese immunitarie sono più vulnerabili e se per noi adulti è facile mettere o togliere maglioni, per loro lo è meno», spiega Marri.

Tanto quanto la temperatura, è l’umidità a dover essere monitorata. «Nelle nostre case e nella stagione invernale – spiega il medico di base – va tenuta tra il 40 e il 60%». In particolare se scende sotto il 20% – un’eventualità tutt’altro che rara quando il riscaldamento è acceso – possono insorgere problemi respiratori e secchezza agli occhi e provocare proliferazione di virus e batteri.

«Per controllare questi valori così importanti per la nostra salute e il nostro benessere – spiega Vincenzo Molinaro del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro ed ambientale dell’Inail – sarebbe bene dotarsi di termoigrometri, apparecchi poco costosi e alla portata di tutti, che possiamo dislocare nelle stanze dove soggiorniamo più spesso, lontani dai caloriferi. Sono utili perché possono misurare contemporaneamente temperatura e percentuale di umidità». Per controllare la variazione di temperatura da una stanza all’altra sono poi necessarie le valvole termostatiche sui caloriferi. «Con questi accorgimenti – prosegue Molinaro – possiamo davvero attuare dei risparmi consistenti, specificamente del 5 o 6% per ogni grado in meno».

E nei luoghi di lavoro? Spiega ancora Molinaro: «Dobbiamo distinguere gli ambienti termici moderati, cioè gli uffici, le scuole e i negozi, in cui basta intervenire con provvedimenti di natura tecnica per raggiungere un determinato grado di comfort, e gli ambienti vincolati severi caldi o freddi, in cui il lavoratore deve essere fornito di protezioni a garanzia della sua salute e sicurezza». Ma parlando di uffici o scuole la temperatura da tenere deve essere sempre quella indicata dall’Oms, cioè intorno ai 19 o 20° con due gradi di tolleranza verso l’alto o verso il basso del termostato.

E in caso di smart working? «Anche in questo caso – prosegue Molinaro – la temperatura deve essere tra i 18 e i 21 gradi. Ma bisogna ricordare la necessità di muoversi di tanto in tanto per dare sollievo all’apparato muscolo-scheletrico e anche agli occhi, che d’inverno e con gli schermi dei computer possono andare incontro a fenomeni di secchezza». 

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