Salute e Bellezza

A proposito di ricerca e sperimentazione sugli animali

Ricercatori.jpgIn questi ultimi giorni, dopo l’intervento di Caterina Simonsen (la ragazza gravemente malata autrice di un post su Facebook nel quale spiegava di essere viva grazie alla cure derivanti dalla possibilità di fare sperimentazione su animali), molto si è discusso proprio del tema sperimentazione. Non dimenticando le minacce e le offese piovute sulla ragazza, segno di un imbarbarimento del discorso pubblico che specie sui social network raggiunge livelli davvero allarmanti (che chiamano in causa la responsabilità di ognuno di noi che questi media usa), come contributo alla riflessione su un tema difficile e controverso, ci permettiamo di segnalare quanto la filosofa Michela Marzano ha scritto sulle pagine del quotidiano “la Repubblica” e del quale vi riportiamo alcuni brani.
“Come accade spesso quando si affronta un tema eticamente sensibile, siamo di fronte a un dilemma – scrive Michela Marzano -. Che fare di fronte alla sofferenza? Affermare che il ricorso alla sperimentazione sugli animali sia l’unico modo per far progredire la conoscenza, migliorare le tecniche di diagnosi e di cura delle malattie e preservare la salute, oppure non utilizzare più gli animali e rifiutare il progresso o condurre le sperimentazioni direttamente sugli umani, tirando magari a sorte per scegliere chi trasformare in cavia? Come in ogni dilemma morale, tutti sembrano avere ragione”.
“Hanno ragione gli scienziati, i medici e i pazienti. Perché rassegnarsi all’ineluttabilità della malattia oppure sperimentare direttamente sui pazienti le nuove terapie significherebbe rinunciare alla ricerca di nuovi farmaci oppure far prendere rischi eccessivi ai malati (…)”.
“Ma – prosegue Michela Marzano – hanno ragione anche gli animalisti che ritengono inammissibile la sofferenza degli animali e accusano medici e pazienti di “specismo”, ossia di credere che esista una superiorità degli umani su tutti gli altri esseri viventi. Come scriveva già alla fine del Settecento Bentham, il benessere degli animali dovrebbe essere preso in considerazione allo stesso titolo di quello degli umani: «La questione non è: possono ragionare ?, né: possono parlare ?, bensì: possono soffrire ?». Concludendo che se un essere vivente soffre, non può esistere nessuna giustificazione morale per rifiutarsi di tener conto di questa sofferenza (…)”.
Per uscire da questa contrapposizione la Marzano suggerisce una strada possibile: “Se si ricorre invece alla nozione di “male minore”, i termini della questione cambiano e l’etica sembra suggerire una via d’uscita. Perché allora non si tratta più di contrapporre “persone” e “cose” (…).
Il rispetto non è dovuto solo agli esseri umani, ma anche agli animali, perché anche loro possiedo un “valore intrinseco”. È per questo che in molti paesi sono stati creati dei comitati etici sulla sperimentazione animale: volta per volta si identificano quelli che in gergo si chiamano gli “indicatori di sofferenza” e il “punto limite”; volta per volta si valuta, sulla base di protocolli condivisi, la “necessità” o la “futilità” delle ricerche proposte. La vita è sempre una questione di opportunità: si sceglie di fare o non fare, di andare avanti o fermarsi, di far vivere o lasciar morire. Nessuno di noi può pretendere di sapere esattamente cosa sia il “bene”, ma ognuno è portato a fare delle scelte e, spesso, anche dei sacrifici. Con la consapevolezza che, forse, l’unico sacrificio inammissibile è quello della speranza di trovare un rimedio alla sofferenza. Che si tratti degli esseri umani o degli animali.

(Per leggere l’intervento completo: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/12/31/uomini-cavie.html?ref=search)

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