Capita sempre più frequentemente di osservare esami del sangue che mostrano una carenza di vitamina D, dovuta principalmente ad una carenza della sintesi che avviene nella pelle durante l’esposizione alla luce del sole. Nei paesi del Nord Europa il problema è sentito da decenni mentre in Italia, il Paese del sole, è qualcosa di nuovo. Negli ultimi 5 anni le prescrizioni di vitamina D in Italia sono raddoppiate, riguardano l’8% della popolazione e costano circa 260 milioni di Euro. Non sappiamo con esattezza quante persone siano carenti in Italia, anche perché il limite è differente a seconda delle linee guida che vengono utilizzate; ad esempio una concentrazione tra 20 e 30 ng/ml (nanogrammi per millilitro) viene considerato un dato sufficiente dalla National Accademy of Medicine e dal National Institute of Health (entrambi enti Usa), mentre vengono considerati insufficienti dalla Società Italiana dell’Osteoporosi e dalla Endocrine Society americana. Per questa fascia 20-30 ng/ml è dunque aperto il dibattito, mentre sotto il 20 si è concordi nel definire una carenza e sopra il 30 una appropriatezza.

Il motivo di tale dibattito è la non chiara efficacia nella prevenzione primaria dell’osteoporosi, delle fratture patologiche e delle cadute. Gli effetti utili sono evidenti in persone con una documentata carenza, perché la vitamina D rimane indispensabile per la salute delle ossa, ma anche per la funzionalità muscolare e del sistema immunitario. Di certo c’è che la prevenzione della carenza rimane il primo passo da compiere, e per farlo dovremmo in primis esporci maggiormente al sole. Le fotografie degli Italiani fino a 50 anni fa mostravano pelli “cotte” dal sole, oggi sempre meno persone lavorano all’aria aperta, ed anche i giochi in strada dei bambini sono un lontano ricordo. In estate esporsi al sole regolarmente almeno 15 minuti 3 volte a settimana, anche per le sole aree del corpo solitamente scoperte (braccia, testa, collo), garantisce livelli sierici superiori a 20ng/ml. In inverno bisognerebbe rimanere all’aperto un paio di ore come faceva chi lavorava o giocava all’aperto anni fa, quando questo problema colpiva solo chi faceva lunghi turni nelle fabbriche.

Da un punto di vista nutrizionale possiamo avere un contributo essendo regolari nel consumo di pesci quali salmone, tonno, sarde, acciughe, alici ed anche la trota, possibilmente consumando la pelle che ne è ricca; anche funghi e uova ne contengono ma in quantità meno apprezzabile. Considerata la limitata presenza negli alimenti, per prevenire la carenza, possono essere di aiuto alcuni alimenti fortificati con quantità di vitamina D, solitamente attorno al 15-20 % del fabbisogno giornaliero, quali ad esempio alcuni latti fortificati, latti fermentati, cereali per la prima colazione. Quando consumati con regolarità gli alimenti fortificati sono una fonte significativa di vitamina D, un recente documento di consenso pubblicato su Frontiers in Endocrinology ne ha evidenziato il contributo alla prevenzione della carenza con un buon rapporto costi-benefici. Questo è valido non solo per anziani o donne in menopausa, ma per chiunque debba prevenire una carenza.

Tag: sole, vitamina d, Alimentazione, latte

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