«Per favore non spinga!». Lo abbiamo detto stizziti a qualcuno che cercava di salire su un autobus già strapieno, violando le leggi della fisica sulla compressione dei corpi a colpi di zainetto sulle nostre costole. O ce lo siamo siamo sentito dire quando a spingere eravamo noi, disposti a tutto pur di conquistare la prima fila di uno spettacolo. Abbiamo spinto la macchina per provare a farla partire quando la batteria era giù – rischiando di farci male – e abbiamo spinto qualcuno nelle braccia di qualcun altro, convinti di fare il bene di entrambi. Abbiamo visto, preoccupati, che la spinta propulsiva di un partito si stava esaurendo. Conosciamo la spinta del vento quando si va in bicicletta e lo abbiamo a favore. I più dotti sanno della spinta di Archimede, quella esercitata da un fluido in stato di quiete su un corpo in esso immerso. Poi c’è la spintarella, una raccomandazione, pratica purtroppo diffusa.
All’Università Bicocca di Milano la spinta è entrata in mensa per far mangiare meglio studenti e docenti. Si chiama spinta gentile e lavora sul percorso. Quello da fare dopo che si è prelevato il vassoio e si comincia a scegliere cosa metterci sopra. I primi piatti che si incontrano – quelli su cui si posano gli occhi affamati degli studenti dopo una mattinata di lezioni – sono verdura e frutta. Perché, spinti dall’impulso primordiale della fame, è meglio riempire il vassoio di insalate piuttosto che di pasta al sugo. Andando avanti con il vassoio, quasi non ce ne accorgiamo, tutti i cibi più salutari sono in evidenza e quelli più pesanti sono un po’ più difficili da raggiungere. Non sono nascosti – ci mancherebbe – ma quelli sani vengono presentati meglio: danno spettacolo, c’è anche il bollino verde “So Good”. Le bevande gassate ci sono, ma riposizionate per dare maggiore visibilità all’acqua.
Con tanto di spiegazione dei vantaggi di berne almeno otto bicchieri al giorno. La spintarella gentile lavora anche sulla quantità: davanti alla pasta lo studente può scegliere tra “Porzione giusta” e “Super fame”. Serve a far capire qual è la quantità corretta. Poi, se vuoi mangiarne di più, fai tu. Ma il compito dell’Università è educare, ricordano quelli della Bicocca, e lo si deve fare anche in mensa. Alla fine del percorso, davanti alla cassa, una microcamera fotografa il carrello e quello che c’è sopra.
Serve a capire come cambiano le scelte dei cibi e se la spinta gentile della mensa dell’Università Bicocca funziona. Dietro c’è il pensiero che noi umani siamo un po’ ripetitivi e un po’ irrazionali, che facciamo scelte dettate da tante variabili. Per esempio, davanti al cibo, ci scatta l’eco della vecchia paura di morire di fame che avevano i nostri antenati e allora mettiamo sul vassoio troppa roba e troppo grassa. Uno dei principali studiosi della spinta gentile, il professor Richard Thaler, ha vinto il Premio Nobel per l’economia nel 2017. Gli scettici dicono che la spinta gentile rischia di annullare coscienza e libertà. Il professor Thaler parla di “convincimento amichevole e intelligente”, ha insegnato nelle università statunitensi più prestigiose – Stanford, Princeton, Chicago – e mangiava in mensa.