Nella biblioteca personale dei libri che più hanno contribuito alla mia formazione scientifica, quando non esisteva ancora Internet, ho riservato un posto d’onore a un piccolo volume (titolo originale “Your basic Guide to Nutrition” edito negli USA da George F. Stickley) firmato quasi 40 anni fa da Fredrick J Stare e Virginia Aronson. Si trattava non solo di una guida alla sana alimentazione, sotto forma di domande e risposte, ma ancor più di una denuncia del danno nutrizionale causato dai falsi profeti, dai catastrofisti, dai pregiudizi imperanti pur senza validazioni, senza trascurare nemmeno il ruolo della pubblicità e della concorrenza in atto fra i produttori nazionali e internazionali.
Il prezioso libretto, come spesso accade nella divulgazione scientifica non ebbe, però, la diffusione che meritava. Eppure, il professor Stare è stato il fondatore dell’Harvard University’s Department of Nutrition e anche il consulente di molte ditte ed Enti Governativi nel settore della nutrizione, mentre la coautrice Aronson aveva già firmato un libro di 500 pagine, considerato, all’epoca, la Bibbia dei nutrizionisti.
Questo riferimento alla minor fortuna degli articoli correttamente documentati o delle Linee Guida, condivise dal mondo scientifico ma ignote ai più, contrasta con le asserzioni apocalittiche, scandalistiche e fantascientifiche, di personaggi che poco o nulla sanno di metabolismo o della “diabesità” imperante, pregiudicando la formazione di una sia pur modesta cultura nutrizionale di base nella popolazione.
Una particolare attenzione merita anche la navigazione in Internet perché le insidie sono troppe quando si sconfina oltre i siti attendibili degli Enti governativi e delle Società scientifiche competenti. Al di fuori di questi approdi le “bufale” sono quasi inevitabili e predispongono agli errori dei cosiddetti dimagrimenti rapidi o all’adozione di diete dei gruppi sanguigni o dell’uso del pane al carbone, presentati come conquiste terapeutiche della moderna dietetica.
L’Expo 2015 con il suo innegabile successo ha ribadito nel mondo i pregi dell’agroalimentare italiano e l’arte italiana del mangiar sano ma temo che abbia inciso assai meno sulla necessità di migliorare la cultura nutrizionale, a partire dalla scuola, nel sentiero tracciato dalla mediterraneità ma anche dalle Linee Guida dell’OMS o della FAO.
Non è accettabile che un cittadino pregiudichi il suo benessere e in parte anche la spettanza di vita con sacrifici inutili o esagerati, tra veri e falsi pericoli da addebitare più allo stile di vita che ai cosiddetti cibi industriali, purché assunti in porzioni adeguate e con l’abituale alternanza stagionale.