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Tav e progresso. Quanta confusione c’è in giro

Sembra ci sia una certa confusione nel nostro paese sul concetto di sviluppo e, più in generale, di progresso. La velocità, per dirne una, dovrebbe essere una delle costanti basilari del progresso, e raggiungere Lione in un’ora e 40 da Torino un inevitabile corollario. Ma è davvero così? Stiamo alle cose concrete: serve oggi una linea ad alta velocità passeggeri che attraversa la Val di Susa? Che conseguenze ambientali potrebbe avere? Quali vantaggi?
Per prima cosa si fa una gran confusione fra alta veolocità e alta capacità, riferendosi la prima ai passeggeri e la seconda alle merci. Fra Torino e Lione, però, i passeggeri sono in costante diminuzione e nessuna direttiva o corridoio europeo impone all’Italia frecce rosse o argento lungo quella direttrice. L’Europa vuole invece che si trasportino più merci e più velocemente in direzione Est – Ovest, e non gli importa molto come. Nel 2009 il passaggio merci è ritornato ai livelli degli anni Ottanta: in pratica solo la decima parte di quello che potrebbe transitare sulla linea Fréjus già esistente (2,5 milioni di tonnellate, contro una capacità della linea ordinaria di 25). Come a dire che si potrebbe intanto potenziare la linea esistente. Peraltro non si tratterebbe di una linea AV vera e propria, perché sarebbe quasi tutta in galleria, dove non si possono superare i 220 km/h, velocità già ora teoricamente possibile sulla linea ordinaria.
Dal punto di vista ambientale, la costruzione di una nuova linea ferroviaria AV incide pesantemente sul paesaggio, con ricadute non prevedibili sul turismo di qualità. Impoverisce le falde acquifere, con siccità micidiali (come già accaduto al Mugello), e incrementa i dissesti idrogeologici. Non è poi chiaro dove verranno portati i milioni di metri cubi di materiale di scavo del lunghissimo tunnel. Un materiale pieno di minerali di uranio e amianto che devono essere trattati con particolare attenzione perché addirittura potenzialmente mortiferi.
Se poi è vero che il treno è in generale da preferirsi all’aereo, in quanto a emissione di gas clima alteranti, ciò non vale per la TAV, i cui costi energetici e il contributo all’effetto serra sono enormemente incrementati dalla costruzione delle infrastrutture e dai più elevati consumi elettrici per l’operatività dei treni. Tutto quello che ha a che fare con la TAV inquina come un jet di linea già ora.
Ci sono poi i costi. È facile ipotizzare che questi possano lievitare ben oltre i 9 miliardi di euro e che, comunque, penalizzeranno l’economia italiana con un enorme contributo al debito pubblico. Se si sceglie come si dovrebbe, le previsioni di costo devono essere più elevate e le previsioni di traffico più prudenti. Si tratterebbe poi sostanzialmente, sempre e comunque, di denaro pubblico sottratto alla mobilità ferroviaria pendolare, quella utilizzata dalla maggioranza degli italiani. E non è ancora detto che l’Europa decida di finanziare il 40% di un’opera per la quale l’Italia paga oltre la metà pur ospitandone solo un terzo.

Mario Tozzi

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