carboidrati sono frequentemente accusati di essere la causa di molti dei nostri mali, intesi come sovrappeso, obesità, sindrome metabolica e diabete. Tuttavia, i carboidrati sono una miriade di molecole che vanno dagli zuccheri delle bevande gassate fino a composti come i betaglucani, in grado di ridurre il picco glicemico dopo un pasto. La dieta mediterranea si basa proprio sul consumo di carboidrati di buona qualità, tra questi ricordiamo i legumi, i cereali ed anche la pasta, benché venga frequentemente osteggiata nelle diete. La pasta è un alimento che contiene carboidrati interessanti, in quanto stimolano una risposta glicemica meno accentuata rispetto ad alimenti caratterizzati dall’avere un alto “indice glicemico”, come il pane o le patate. Questo tema è oggetto di studio e di innumerevoli dibattiti in quanto il medesimo alimento può dare risposte glicemiche differenti in persone diverse.

Solo negli ultimi anni si sta capendo il motivo: ad ottobre 2018 un articolo dell’American Journal of Clinical Nutrition spiega che vi è una variabilità genetica nell’espressione delle amilasi, gli enzimi che digeriscono i carboidrati complessi; individui che esprimono più copie di questi geni digeriscono più velocemente i carboidrati, ed hanno risposte glicemiche più intense. Questo può in parte spiegare quanto pubblicato l’anno precedente sulla medesima rivista: vi è una associazione tra l’obesità ed il numero di copie di geni per le amilasi, confermando le osservazioni di una associazione tra il consumo di alimenti ad elevato indice glicemico e l’obesità. Una altra spiegazione è che parte di questi amidi, non venendo digeriti, possano arrivare fino al colon ed essere fermentati dal microbiota (flora batterica intestinale) con due importanti conseguenze: il microbiota riesce a rendere disponibili solo 2 calorie per grammo di carboidrati contro le 4 di un assorbimento normale; la fermentazione di carboidrati nel colon produce acidi grassi a catena corta, utili al nostro metabolismo.

Scusandomi per l’uso di termini scientifici probabilmente non noti a molti lettori, la sostanza che però è bene fare emergere è che queste osservazioni ci ricordano che alcuni individui possono oggettivamente avere maggiori problemi metabolici rispetto ad altri pur mangiando in modo simile. All’importanza del patrimonio genetico si aggiunge anche quella del microbiota individuale, che può cambiare il modo con cui vengono metabolizzati carboidrati fermentabili. Per questi motivi sono disponibili in commercio test (del Dna e/o del microbiota) per capire come personalizzare una dieta; a questo proposito è però bene sapere che il progetto di ricerca europeo Food4Me sul tema non ha mostrato risultati clinicamente utili forniti dalla conoscenza del proprio genotipo attraverso i test. Questo non significa che chi ha un patrimonio genetico sfavorevole non potrà neppure guardare alimenti ricchi di carboidrati; significa che diete ben fatte avranno comunque esiti positivi, solamente in alcuni individui un po’ di più, in altri un po’ meno.

Tag: metabolismo, carboidrati, glicemia

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