Nel 2019 hanno vinto quelli di Avanzi Popolo. Sono di Bari: «Volontari, attivisti, operatori sociali, cittadini: siamo un gruppo di persone stanche di accettare passivamente lo spreco di cibo nelle nostre abitazioni, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nella nostra città».
Avanzi Popolo si occupa di matrimoni, ma da un punto di vista molto particolare. Siamo in Puglia e il matrimonio pugliese, si sa, è una delle più potenti macchine da cibo che l’umanità abbia mai prodotto. In un matrimonio pugliese una massa di invitati dell’ordine di centinaia di persone viene condotta in un luogo – un ristorante grande come un aeroporto, una masseria di mille acri – e qui permane per decine di ore circondata da una marea montante di cibo. In ogni forma: cotto, crudo, carpacciato, gelato, fritto.
Gli ospiti di un matrimonio pugliese assaggiano, mangiano, spilluzzicano, ingurgitano, comparano, brindano e gradiscono un secondo giro di melanzana fritta sopra gli scialatielli con rana pescatrice che una legione di camerieri distribuisce con compassato rigore. «Grazie – dice la zia – ma poco perché mi volevo tenere un posticino per la ricciola in crosta di sale che ho visto nel menù». Il menù di un matrimonio pugliese arriva a 48 pagine. Il capitolo antipasti comprende quelli di pesce (crudi, tartare), di carne, affettati, formaggi, frittini, zeppole appena fatte, treccine di mozzarella filate sul momento, fritto di pesce.
Alla fine, quando la sposa ha baciato tutti, la mamma ha pianto, le damigelle hanno i piedi roventi per la frenesia delle danze, un matrimonio pugliese lascia alle sue spalle una distesa di cibo in eccedenza di dimensioni incommensurabili. Qualcosa se lo è portato via la zia – ma solo un pezzettino da 4 chili della torta nuziale a 7 piani e «più per ricordo che per fame» – il resto è destinato a finire nei rifiuti. Qui entra in campo Avanzi Popolo: gli sposi li hanno contattati prima, loro hanno preso accordi con la sala ricevimenti e organizzato tutto. Il cibo ancora buono, spesso solo guardato perché era lì in abbondanza a celebrare questa giornata particolare, finisce sulla tavola di qualcuno che è in difficoltà e in un posto vicino a dove si svolgono i festeggiamenti. Perché il cibo meno strada fa meglio è.
Raffaele e Fabiola, sposi in luglio, hanno lasciato le prelibate eccedenze alla Casa di accoglienza di Fasano. Carla e Domenico alla Caritas di Monopoli. Un bel modo di trasformare una festa privata in condivisione collettiva, un bell’inizio di vita coniugale.
È lotta allo spreco alimentare. La fanno tutti quelli per cui buttare cibo è, semplicemente, una vergogna inaccettabile. I migliori ricevono il premio “Vivere a Spreco Zero”. È alla decima edizione, ha tante categorie: da Amministrazioni pubbliche a Imprese; da Scuole, Cittadini, Associazioni a Economia Circolare e Biodiversità. Quest’anno si è aggiunta quella di Acqua/Energia: una raccolta concreta e replicabile di buone pratiche per prevenire e ridurre questi consumi. Posso partecipare tutti andando sul sito sprecozero.it. C’è tempo fino al 15 settembre, poi si riunisce la giuria.
Qui il punto debole: tra esperti e nobili persone ci sono anch’io. Nessuna giuria è perfetta.