C’è un problema che si trascina da anni ed è un problema di quelli brutti: 2.000 tonnellate di pneumatici fuori uso che ricoprono una collina a Rapolano Terme, provincia di Siena. Siamo in uno dei paesaggi più belli d’Italia, sulle Crete Senesi, uno di quei posti che il mondo ci invidia. Ci sono i cipressi verdi che guardano il cielo, le ginestre fiorite di giallo quando è stagione e all’orizzonte la fila delle colline con le bellissime case coloniche. E sul crinale una glassa nera di pneumatici lasciati lì a marcire: più o meno come 300.000 gomme di auto abbandonate per terra che si sciolgono al sole e si dilavano quando piove, rilasciando sostanze dannose. Così quelli di Rapolano questa collina la chiamano La collina della vergogna.
Dietro c’è una storia ancora più lunga: che comincia negli anni ottanta con un imprenditore che chiede di poter aprire un deposito di pneumatici usurati. Gli danno il permesso perché c’è l’impegno a riciclare la gomma per farne tappetini da cucina e suole per le scarpe, in una fabbrica nella zona. Rischio per l’ambiente in cambio di posti di lavoro. Poi le cose non vanno proprio così. Nel 1995 il deposito prende fuoco: indagini, accertamenti, denunce. Poi un contenzioso legale tra il comune ed il proprietario dell’area per capire chi debba bonificare la collina. Dura anni: il proprietario è sempre più anziano, i soldi non ci sono. C’è una delibera del Comune di Rapolano, ormai siamo nel settembre 2010, che dice espressamente di questa impotenza: per bonificare quella maledetta collina servono 3.462.054 euro, somma “non disponibile a questo ente che non è in grado di affrontare ulteriori spese oltre quelle già sostenute”. Così i copertoni rimangono lì a degradarsi tra i cipressi e le ginestre, alcuni mezzi bruciati, altri semisotterrati. Con il pericolo anche di un altro incendio.
Poi c’è una soluzione che arriva in soli 50 giorni, tra metà aprile e l’inizio di giugno, anno di grazia 2015. Al ritmo di 4.200 pneumatici al giorno la collina della vergogna viene ripulita da quella marea solida nera. Lo ha fatto Ecopneus, società senza fini di lucro che si occupa dei Pneumatici Fuori Uso, i PUF. Dicono, quelli di Ecopneus, che la gomma dei PUF abbandonati sulla collina si sarebbe potuta trasformare in 68 chilometri di asfalto stradale modificato, fonoassorbente, più sicuro e di maggior durata rispetto a quello tradizionale; oppure in 24 campi di calcio in erba sintetica di ultima generazione, quella dove anche gente come noi riesce a scattare sulla fascia quasi come Messi. O anche, in alternativa, a soddisfare il bisogno energetico di una città grande come Siena per quattro mesi. A noi l’ultimo paragone suscita qualche perplessità, ma ognuno ha le sue fissazioni. La soddisfazione è invece che una collaborazione tra pubblico e privato ha risolto un grave problema ambientale, paesaggistico e di salute pubblica: in più senza nessun costo per le casse della pubblica amministrazione né per i cittadini.
Ricapitolando: problema che dura da anni, soluzione in 50 giorni e a costo zero. In più un pizzico di Economia Circolare, quella che lavora sulle seconde vite dei materiali. Se troviamo la formula esatta basta applicarla al resto delle questioni che ci trasciniamo in giro per l’Italia ed è fatta.