A noi piacciono le arance e pure i limoni, i mandarini e tutti gli agrumi. Se poi vengono dalla Sicilia ci piacciono ancora di più, perché hanno preso tutto il sole e l’aria del Mediterraneo e sono ancora più buoni. In insalata, nel bicchiere con la spremuta, dopo avere corso, a merenda, quante gioie alimentari ci danno quegli spicchi dorati!
Certo, rimane sempre il problema della buccia, dei semi, degli scarti. Poca cosa quando le arance si consumano in casa, altra questione quando si tratta di produzioni industriali. E le arance sono anche una grande industria, ad esempio per le spremute ed i succhi. Qui l’insieme di bucce, semi, filamenti che resta dopo la spremitura si chiama pastazzo. Le arance siciliane se ne lasciano dietro circa 340mila tonnellate all’anno e per smaltirlo servono circa 10 milioni di euro.
Ed ecco allora l’idea geniale: produrre energia elettrica con il pastazzo. Biogas dalle bucce d’arancia! Il colpo di genio, di cui sarebbe stato fiero anche Archimede, arriva dall’Università di Catania, dal Distretto Agrumi di Sicilia e dalla Cooperativa per le rinnovabili Empedocle.
L’intuizione è semplice: prendiamo il pastazzo di arance, mandarini e limoni, diamogli una bella rimescolata e poi mettiamoli in un grande digestore anaerobico, cinque silos scintillanti negli spazi all’aperto della facoltà di agraria. Lasciamoli lì una quarantina di giorni per una fermentazione controllata ed il biogas è servito. Con quello si fa girare un motore che produce energia elettrica. Quello appena inaugurato è un impianto pilota, serve a studiare il processo e a renderlo il più possibile efficiente.
Ma già da adesso sappiamo che di biogas il pastazzo ne produce parecchio: facendo lavorare a pieno regime questo impianto si produrrebbe energia elettrica per più di trecento abitazioni. E, altro calcolo, per smaltire tutto il pastazzo degli agrumi siciliani basterebbero altri venti impianti di questa taglia: piccoli, per nulla eco-mostruosi e invece molto eco-efficienti. Pensate ai soldi risparmiati; poi aggiungete le arance prodotte nelle altre regioni; poi aggiungete al conto il fatto che il pastazzo accetta volentieri di mischiarsi con altri scarti dell’agroindustria: la sansa delle olive, le vinacce delle uve e anche le pale di fichi d’india.
“Il progetto ha acceso i riflettori su un problema reale legato al riutilizzo di un sottoprodotto, il pastazzo, che da fattore critico ha tutte le potenzialità per divenire risorsa”. Lo dice Federica Argentati, agronoma, presidente del Distretto Agrumi di Sicilia e Docente Universitaria a capo dell’operazione. È quello che abbiamo sempre pensato di questo nostro paese: quanti fattori critici potrebbero diventare risorse se lavorate con cura, studio, intelligenza e voglia di ribaltare la prospettiva? In più a Catania sono anche riusciti a farsi finanziare il progetto con 380.000 euro dalla Coca Cola Foundation. Perché l’azienda americana compra circa il 18% di tutto il succo di agrumi prodotto in Sicilia e reinveste con la Fondazione l’1% per cento dell’utile operativo in progetti dei paesi dove è presente. E alla fine di tutta questa storia, dopo quaranta giorni di fermentazione quello che rimane del pastazzo biodigerito è perfetto per concimare i campi. Ripartire dal pastazzo.
maggio 2015