Chiunque lavori nel campo della Cultura – mettiamo la C maiuscola e parliamo in generale – ha sentito talmente tante volte questa frase: “Non ci sono soldi!” da essersene, se non fatto una ragione, abituato. I tagli alla cultura sono la prima cosa che viene in mente agli amministratori pubblici quando si tratta di tentare l’impresa di rimettere in sesto i conti e far quadrare il bilancio. I comuni lo sanno benissimo e i loro rappresentanti (sindaci, assessori) hanno imparato la mimica necessaria a sostenere questa frase: volto contrito, occhio lacrimevole. “Non ci sono soldi”.
Quindi, chi fa cultura e ostinatamente resiste e tenta di organizzare qualcosa che abbia a che fare con arte, musica e letteratura sa in partenza che sulla sua strada incontrerà innumerevoli ostacoli e certamente pochissimo da investire. Sembra che la cultura non sia considerata un bene di prima necessità, ma venga anzi dopo tutto il resto. Come se non fosse la Cultura, vista in prospettiva, a costruire invece il resto, coltivando con passione cittadini sensibili alla bellezza, alla capacità di ragionare e discernere, alla coesione sociale. Le orechestre sinfoniche, i teatri, i musei, le biblioteche – per non parlare dei “luoghi” della ricerca – soffrono e sono costretti a trovare equilibrismi per reinventarsi e sopravvivere. Eppure, la cultura sa fare magie: unisce invece di dividere, crea invece di distruggere.
Il 2018 sarà l’anno che l’Unione Europea ha deciso di dedicare al Patrimonio Culturale coinvolgendo tutti i Paesi membri in una serie di iniziative e soprattutto in una riflessione collettiva sul valore del patrimonio culturale del passato per pensare al futuro, coinvolgendo dunque tutti quelli che si occupano di cultura nei vari settori; l’idea è valorizzare similitudini e differenze e puntare sull’eredità unica e di valore incalcolabile che abbiamo a disposizione per produrre altra cultura e per produrre reddito. In questo discorso ovviamente non ci sta solo il pubblico, è importante che anche le imprese, sempre di più, si decidano a puntare su innovazione, ricerca e cultura.
Anche nel 2017, come fa da quindici anni, Coop Alleanza 3.0 ha messo in campo idee e risorse per organizzare un’edizione di Ad Alta voce particolarmente riuscita, e ha scelto la meravigliosa città di Padova per celebrare quello che è ormai diventato un po’ anche un rito collettivo: letture in luoghi insoliti come l’orto botanico, conversazioni nei caffè, degustazioni e dibattiti. Tutto aperto al pubblico. Da scrittrice, e da bolognese, ho partecipato alle varie edizioni di Ad alta voce e ho sempre trovato uno straordinario afflusso di pubblico per letture in stazione, carceri, case private, piazze, luoghi museali magari di difficile accesso in altri periodi dell’anno. Ho sempre trovata straordinaria l’idea che la cultura sia un ponte tra gli esseri umani e sia capace di riconciliarci con le differenze, facendole sentire più vicine, più intime, più reali. Spirano in Europa e dunque pure in Italia, venti separatisti inquietanti e non so se le pagine di un libro, le tele dei quadri, le voci degli scrittori, degli artisti, degli studiosi e le mura antiche o nuovissime dei tanti edifici storici e/o contemporanei europei siano in grado di fermarli, di certo vale la pena di provarci, a investire su qualcosa che possediamo e che è possibile creare e condividere: bellezza.
Link utili: www.adaltavoce.it; musei.beniculturali.it.