“Tu di dove sei?”, chiede uno. L’altro risponde: “Io sono di…”. Sembrerebbe una cosa semplice, a volte diventa complicato. Perché c’è di mezzo quel rapporto particolare che lega i posti dove si vive, o dove si è nati, al loro nome. Sulla riduzione del numero delle province erano tutti d’accordo: meno spese, semplificazione, tagli.
Poi è arrivato il provvedimento del governo che accorpa un po’ di province ed è scoppiata una guerra civile di lamentele. Perché a tutti spiace perdere un po’ della propria identità. Anche solo la sigla – FI al posto di PT, LI invece di PI – che prima stava sulla targa dell’auto e adesso si usa sempre di meno. Ma rinunciarci brucia. Quindi grande rispetto per i sindaci di sei comuni che provano a fare un passo controcorrente: fondersi per diventare uno solo.
Succede in provincia di Rovigo, se la provincia di Rovigo continuerà a chiamarsi così, dove Arquà Polesine, Costa di Rovigo, Frassinelle Polesine, Pincara, Villamarzana e Villanova del Ghebbo scompaiono per diventare un altro comune, uno solo.
Antonio Bombonato, primo cittadino di Costa di Rovigo, parla anche a nome dei colleghi e non ha dubbi: “Ci guadagniamo tutti”. Di sicuro 300mila euro dal taglio ai costi della politica, ridotti a un sesto di quelli attuali con un solo unico sindaco, una sola giunta e un solo consiglio comunale. Poi altri 400mila che arrivano dai maggiori trasferimenti statali. E c’è anche il premio che la Regione Veneto dovrebbe mettere a disposizione per i comuni che si “sposano”.
Nessun taglio invece ai servizi per i cittadini: restano dove sono gli uffici Anagrafe, i Servizi sociali, gli uffici per le relazioni col pubblico. Gli altri vengono accorpati, così ne guadagna l’efficienza e si riducono ancora i costi fissi, perché tutti i contratti di manutenzione passano da sei a uno. Restano, nelle sedi dei Municipi, sei Consigli di Municipalità, una rappresentanza locale con cinque consiglieri eletti.
Valutano le decisioni più importanti ma non percepiscono indennità. E poi c’è un vantaggio di stazza: il nuovo comune, con 100 chilometri quadrati di superficie e 12mila abitanti mentre i vecchi ne hanno tra 1.300 e 2.800, si “muove” in maniera differente, per esempio nella capacità di attirare investimenti.
“Ad un cambiamento così importante si arriva per tappe – continua Bombonato – con la presentazione pubblica di uno studio di fattibilità, poi con i sei consigli comunali che votano la fusione, la Regione che dà il via libera e alla fine un referendum, da tenersi probabilmente nel novembre 2013, dove serve il parere favorevole della maggioranza dei votanti in tutti dei sei comuni. Ma la cosa più importante – ci tiene a sottolinearlo il sindaco – è spiegare bene ai cittadini il significato di questo cambiamento”. Per esempio che restano inalterati i nomi dei luoghi, con l’identità storica e di territorio.
In Veneto l’ultima fusione tra comuni risale a diciassette anni fa. In Italia ci sono 8.092 comuni, molti piccoli e piccolissimi. Ma le fusioni non arrivano a dieci negli ultimi venti anni. Quindi molti auguri a Civitanova Polesine. Si chiamerà così, con un nome nuovo di zecca. Dà un’idea di futuro e piace anche per questo.
Sei Comuni diventano uno
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