Il 25 dicembre di questo indimenticabile 2020 capita di venerdì. La cosa non è particolarmente rilevante nella società di oggi, ma fino a non molto tempo fa sarebbe stato, per i cristiani, giorno di magro. Ovvero: niente carne, niente prodotti animali. Ma la tradizione richiede di riservare il magro alla vigilia di Natale. Il significato rituale di tale pratica è evidente: il giorno prima della festa si fa una rinuncia per poi concedersi, il giorno successivo, una tavola ricca di imbandigioni. In questo modo anche il cibo parteciperà alla celebrazione della festa, incompatibile con qualsiasi idea di rinuncia. Il Natale non è mai venerdì, anche quando lo è.

Ricordo spesso un episodio raccontato da Tommaso da Celano nella biografia di San Francesco. Una volta che il Natale capitava di venerdì, i suoi compagni discutevano sul da farsi: la festa si sarebbe dovuta celebrare con un bel pranzo, ma venerdì era il giorno dedicato all’astinenza. Che fare? Decisero di chiedere direttamente a lui. Francesco rispose bruscamente, quasi infuriato: fare penitenza in un giorno di festa non è ammissibile, anzi, è peccato. E se Natale è la festa più grande dell’anno, bisogna che tutti partecipino al rito conviviale: uomini e animali, e gli uccelli dell’aria. Tutti. E perché non gli oggetti inanimati, perché non i muri? Non possono mangiare, è vero, ma almeno –suggerisce Francesco –ungiamoli di grasso, per farli partecipare al banchetto. È un’immagine davvero potente. Festa non è solo mangiare, ma mangiare insieme. Francesco «voleva che in questo giorno [di Natale] i poveri e i mendicanti fossero saziati dai ricchi, e i buoi e gli asini ricevessero una razione di cibo e di fieno più abbondante del solito».

Una volta avrebbe detto ai suoi compagni: «Se mai potrò parlare all’imperatore, lo supplicherò di emanare un editto generale che imponga a tutti coloro che ne hanno la possibilità di spargere per le vie frumento e granaglie, affinché in un giorno di tanta solennità gli uccellini e particolarmente le sorelle allodole ne abbiano in abbondanza». Il Natale come banchetto cosmico, all’insegna della fraternità e della solidarietà. Quello tra festa e cibo è un legame indissolubile in tutte le culture. Perché il cibo è lo strumento della vita, e ogni festa serve a propiziare la continuità della vita (non per nulla le chiamiamo “ricorrenze”). Fra i tre elementi in gioco (vita, cibo, festa) il cibo funziona da cerniera. Per auspicare che l’abbondanza di quel giorno sia di auspicio alla sicurezza quotidiana. Ecco perché il cibo della festa, pur essendo speciale, richiama il cibo di ogni giorno. Il panettone (come tutti i pani dolci che da secoli accompagnano il Natale) è la sublimazione del pane quotidiano, arricchito per l’occasione di ingredienti preziosi: zucchero, canditi, uva passa… Buone feste a tutti. Ne abbiamo un particolare bisogno, quest’anno.

Tag: convivio, Natale, panettone, san francesco

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