Uno dei pilastri della dietologia è la riduzione della densità energetica degli alimenti; essendo i grassi il più calorico tra i nutrienti, inevitabilmente si è storicamente puntato sulla riduzione dei grassi per lo sviluppo di prodotti “light”, oppure per ottimizzare il profilo di alimenti e ricette. Vi sono state interpretazioni drastiche, alcune delle quali caratterizzate dalla dicitura “zero” o “0%”, come ad esempio negli yogurt, ad indicare la sostanziale assenza di grassi.
L’uso della dicitura “Zero” per gli alimenti nasce nel mercato dei soft drinks, per la precisione viene inventata da Coca Cola, che, con una brillante operazione, trova un nuovo nome alle bevande “light” affiancando la tipologia “zero” e riuscendo a ri-contestualizzare e ravvivare il relativo mercato. È probabilmente stata questa storia di successo a spingere molti produttori di yogurt a togliere completamente i grassi dai prodotti parzialmente scremati che precedentemente caratterizzavano il mercato: ma zero è meglio? E per il latte, il totalmente scremato è preferibile? La risposta è tutt’altro che scontata, proverò a fornire alcuni elementi di riflessione, anche alla luce della più recente letteratura scientifica, al fine di compiere una scelta consapevole. Se consideriamo l’apporto calorico la sua riduzione è innegabile nei prodotti zero, per tale motivo è stata utilizzata in alternativa alla dizione “light” che caratterizzava molti prodotti negli anni 80-90. Anche i grassi saturi calano drasticamente in latte e yogurt senza grassi, e la riduzione dell’assunzione di grassi saturi è uno dei cardini delle linee guida (parliamo di uno dei 5 “nutrienti chiave” che in Europa vengono riportati nel sistema di etichettatura nutrizionale). La risposta sembrerebbe dunque scontata, se non fosse che negli ultimi anni molte ricerche hanno evidenziato come i grassi saturi provenienti da alimenti diversi, abbiano azioni differenti sulla nostra salute.
Dal 2009 ad oggi decine di studi scientifici ed analisi della letteratura hanno relativizzato l’effetto negativo dei grassi saturi provenienti dal latte nell’incrementare il rischio cardio-vascolare. Per quanto riguarda lo yogurt ed i latti fermentati il loro consumo sembra essere addirittura protettivo, rispetto al rischio cardiovascolare, proprio se consumati nella loro versione “intera”, e questo può essere dovuto all’effetto matrice che caratterizza l’alimento nella sua interezza. A questo si aggiunge una altra osservazione rilasciata da Walter Willett, epidemiologo dell’Università di Harvard: «Latte e yogurt interi possono aiutare a controllare il peso corporeo perché stimolano maggiormente il senso di sazietà, rispetto a quelli a ridotto tenore di grassi». Alla luce di queste osservazioni , gli yogurt “zero” o i latti totalmente scremati non offrono molti vantaggi; alternare prodotti interi e parzialmente scremati è il suggerimento che mi sento di condividere ad oggi, sempre rispettando le porzioni suggerite dalle linee guida Crea, magari preferendo chi nutre con cura gli animali.