Ormai sulla raccolta differenziata italiana sappiamo tutto: la 19ma edizione del rapporto Ispra sui rifiuti ci dice che produciamo circa 500 kg per persona all’anno, che il valore medio nazionale dei rifiuti differenziati è pari al 53 per cento: ma in provincia di Treviso si arriva all’88 per cento mentre in Sicilia siamo dieci volte più indietro.
Ma vorrei qui riflettere su problemi, resistenze e successi in base a ciò che osservo attorno a me. Parto da casa mia, dove – per la presenza di un orto – almeno l’umido di cucina, che rappresenta circa il 30 per cento del totale, si è sempre trasformato in concime anche prima della raccolta differenziata. Poi sono arrivati i cassonetti stradali della carta e del vetro, ed è stato per me normale inserire nei rispettivi scomparti i diversi materiali; infine, da oltre dieci anni è arrivata la raccolta porta a porta che non ha fatto altro che rendere più ordinato e continuo il mio processo di selezione. Ogni giorno occuparsi dei propri rifiuti richiede semplicemente un po’ di attenzione, non solo al gesto che separa il materiale, ma pure al mondo, al futuro. Di fronte ai bidoni colorati, l’umido continua così a trasformarsi in compost nel mio orto, carta, vetro e metalli non pongono dubbi, un po’ di impegno in più ci vuole con la plastica, i materiali compositi e gli imballaggi accoppiati, che cerco di smontare e separare. Vecchi elettrodomestici e oggetti elettronici finiscono all’ecocentro comunale oppure ai centri commerciali dotati di raccolta Raee, dove pochi sanno che c’è l’obbligo di ritiro anche se non si compra il nuovo.
Fare correttamente la differenziata non è difficile e trovo che lasci un senso di soddisfazione, di lavoro fatto bene. L’altro obiettivo è la riduzione a monte della quantità di rifiuti, la scelta di prodotti che già all’origine producano pochi scarti e siano facilmente differenziabili: è un ragionamento che faccio tra le corsie del supermercato, osservando le confezioni e immaginando dove andranno a finire dopo l’uso. Punisco chi produce imballi eccessivi e complicati da smaltire semplicemente non acquistandoli.
Ora, fatto ciò che dovevo e potevo fare a casa mia, si apre il confronto con ciò che succede fuori. Vedo rifiuti abbandonati ovunque, lungo le strade, nei campi, negli spazi urbani. Mi indigno e ci soffro, mi sembra impossibile che dopo cinquant’anni di sensibilizzazione al rispetto ambientale si sia ancora ridotti a questi rozzi comportamenti. Quando posso raccolgo e porto a casa. Quando vedo qualcuno che sporca, glielo faccio notare, ricevendone quasi sempre un seccato disprezzo.
Se fossimo in tanti a farlo forse… ma siccome l’abbandono di rifiuti è reato, confido in forze dell’ordine più attente a sanzionare questi gesti, banali ma in realtà nocivi per la salute di tutti. Nelle mie passeggiate attorno a casa sbircio nei pochi cassonetti stradali che ancora non sono stati sostituiti dal porta a porta: ci trovo dentro di tutto, il sacco nero del generico pieno di materiali che potevano essere separati. Che rabbia! Sono persone che conosco, spesso anziani che si trincerano dietro abitudini che non vogliono cambiare. Distratti e cocciuti non comprendono il danno che procurano ai loro nipoti.
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Carissimo Mercalli lei fa riferimento ad anziani che non vogliono cambiare le radicate abitudini nello smaltire….no, non sono un problema gli anziani ma i giovani e adulti tra i venti e i cinquanta che buttano tutto insieme anche vetro e carta e che appartengono alla fascia dei laureati e diplomati….lo fanno per ignoranza? No ma per disprezzo e spregio.