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Quanto consuma (costruire) un frigorifero?

Lo sospettavamo: la via tecnologica alla risoluzione dei problemi dell’umanità è solo un escamotage per non effettuare dei seri ripensamenti sul nostro modo di vivere e sulle nostre abitudini mentali. Ne abbiamo continue conferme anche nella vita quotidiana, come ci ricordano anche alcune lettere  che ricevo dai lettori di “Consumatori”. Prendiamo il caso degli elettrodomestici e dell’uso finale dell’energia, che dovrebbe essere ormai rivolto verso consumi sempre minori e efficienze sempre maggiori. Questo, alla fine, dovrebbe tradursi in una minore quantità di emissioni inquinanti e, tendenzialmente, in un guadagno anche in termini economici per le tasche dei clienti. In realtà, non sembra che le cose vadano esattamente così.

L’esempio dei lettori è calzante: se acquisto un elettrodomestico di classe A, per ogni stella di incremento, registriamo un aumento di prezzo di un paio di centinaia di euro (se parliamo, per esempio, di un frigorifero; ma il meccanismo è lo stesso pure per lavatrice e addirittura per la tv). Mentre quello che si riesce a recuperare attraverso il minor consumo energetico è di circa un 10% di quella spesa in più all’anno. Però un frigorifero moderno non dura certo quanto durava uno “vecchio”: possiamo arrivare a prevedere una decina di anni, al massimo, contro oltre 20. Come a dire, che, per prima cosa, rimane il dubbio che sia possibile recuperare quell’incremento di prezzo. E, last but not least, la certezza che ci voglia più energia per costruire, e smaltire a fine vita, due o tre elettrodomestici al posto di uno.

Dubbi seri: l’efficientamento energetico risponde a una giusta esigenza di consumare meno energia e inquinare meno, o siamo sempre di fronte alle logiche meramente commerciali che si traducono in un maggiore guadagno solo per le aziende? Un po’ la stessa cosa è accaduta per le autovetture: tutto quanto si è risparmiato in consumi per l’autotrazione in senso stretto si è tramutato in potenza utilizzabile per accessori ormai diventati indispensabili: climatizzatore, trazione integrale, fari alogeni eccetera. Consumiamo meno carburante per chilometro, ma sprechiamo più energia che in passato.

È la cosiddetta via tecnologica allo sviluppo sostenibile: che importa se le risorse mostrano i limiti fisici del pianeta, tanto c’è la tecnologia che ci salverà. Ma come faremo a fabbricare oggetti e meccanismi tecnologicamente avanzati, una volta che saranno esauriti i materiali? Voglio dire, il rame per condurre l’elettricità si esaurirà presto e potremmo magari trovare un altro metallo. Che, però, alla fine, si esaurirà anch’esso e così via. E l’obsolescenza pianificata è lo strumento principe per alimentare una spirale di consumi senza fine. Quando si progetta e costruisce un apparecchio o un oggetto, l’ultima cosa cui si pensa è che debba durare, anzi: si ipotizza che sia condannato inevitabilmente a essere sostituito in pochissimo tempo. Ma questo è il problema della tecnologia attuale, esclusivamente al servizio del mercato e non del benessere e del miglioramento delle condizioni di vita degli umani.

ottobre 2014

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