Abbiamo passato l’estate guardando sgomenti le immagini dell’Amazonia che brucia. Caldo e fiamme. L’agosto scorso è stato il secondo più caldo degli ultimi 40 anni in Europa. Ci sono stati, qui da noi, meno incendi boschivi rispetto ad altre estati, ma i roghi dell’Amazzonia, dall’altra parte del globo, li abbiamo sentiti vicini. È cambiata, sta cambiando, la nostra percezione del mondo. Sappiamo di essere ospiti di un piccolo pianeta: la nostra vita di tutti i giorni è interconnessa all’ossigeno che producono le foreste sul Rio delle Amazzoni; la carne che mettiamo nel carrello della spesa disegna il futuro di tutti; la deforestazione intorno all’Orinoco ha un legame con il piantare alberi qui da noi, in città. C’è un appello che si ispira alla Laudato si’, l’enciclica di Papa Francesco. È rivolto ai cittadini di buona volontà, alle aziende, ai comuni, a tutti. Chiede «di piantare in Italia 60 milioni di alberi nel più breve tempo possibile. Uno per ogni italiano».
C’è un progetto di piantarne tre milioni a Milano, in città e appena fuori. Perché entro i prossimi 30 anni due cittadini del mondo su tre abiteranno in una città e la sfida per il clima si gioca nei viali della grandi metropoli. A Milano, dal 2001 al 2017, la temperatura della città è salita di 2 gradi. E salirà ancora. Le città arrostiscono chi ci vive dentro. Ci si difende con l’aria condizionata, ma così aumentano i consumi di energia e l’emissione di gas serra e prima o poi da casa o dall’ufficio devi uscire. Poi ci sono le isole di calore, quei pezzi di città dove le temperature sono più alte perché c’è più inquinamento e più cemento.
Lì, soprattutto per bambini e anziani, il caldo diventa anche una questione di salute. Occorre pensare in avanti, prepararsi ai cambiamenti, inventare e copiare. Per esempio far salire il verde anche sopra le case. Si chiamano tetti verdi: un prato, un orto, sopra il condominio. In una sera d’estate prendi l’ascensore e vai su a vedere come stanno maturando i pomodori, incontri quello del terzo piano e finisce che scambi due parole. Così, forse, la prossima assemblea di condominio sarà un po’ meno avvelenata. A Milano i tetti verdi potrebbero arrivare a 12 milioni di metri quadri. È un modello “copiato” da Rotterdam. Per i corridoi verdi che puliscono l’aria, abbassano le temperature fino a tre gradi e rendono la città più bella hanno fatto molto a Meddelin, Colombia.
C’è un network di città sparse per il mondo – si chiama 100 Resilient Cities – che fanno resilienza urbana. Vuol dire prepararsi a fronteggiare i problemi. Sia le emergenze di un momento (alluvioni, incendi, crollo di infrastrutture, ondate di calore, terrorismo, epidemie e altri disastri), sia le situazioni croniche che avvelenano le città: inquinamento, disoccupazione, carenza di alloggi, mancanza di coesione sociale, invecchiamento della popolazione, povertà e iniquità sociale.
Sono le sfide ambientali, sociali ed economiche del futuro. È un compito di quelli da far tremare i polsi e bisogna far presto. Piero Pelizzaro, il Chief Resilient Officer del Comune di Milano, dice: «Ora e sempre resilienza: il clima è mutato la terra è in pericolo». Adesso, in autunno, gli alberi ci regalano anche lo spettacolo dei colori.