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Patrimonio culturale, mecenati cercansi

Si dice, non del tutto correttamente, che circa il 40% del patrimonio artistico-monumentale si trovi in Italia e, certamente, nessuna nazione al mondo possiede tanti siti classificati dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Ma lo Stato italiano spende, per la protezione dei suoi siti monumentali, circa la metà di quanto spendono in media le altre nazioni europee. Come sperare che questo immenso patrimonio si conservi? E, soprattutto, come si può immaginare che venga anche promosso, secondo quanto dettato dall’articolo 9 della nostra carta costituzionale?

Si deve pretendere, per prima cosa, che lo Stato impegni maggiori risorse: ma intanto le mura di Roma e di Pompei crollano dopo ogni temporale, i monumenti vengono corrosi dall’inquinamento e aggrediti dalla speculazione edilizia, come ci ricordano i casi emblematici di Agrigento e di Selinunte. Però, non solo accade che i finanziamenti restino desolantemente gli stessi nel corso degli anni (quando non diminuiscono), ma la stragrande maggioranza dei visitatori e degli incassi dei siti archeologici italiani viene da due sole aree monumentali, quella di Pompei e il Colosseo.

Se andiamo nel dettaglio, l’analisi risulta addirittura impietosa: Pompei attira dieci volte più turisti di Paestum (circa 3 milioni all’anno contro circa 260.000) e il Vesuvio da solo (area di esclusivo pregio naturalistico e geologico) quasi quanto la stessa Pompei. Questo vuol dire che i denari sono appena sufficienti per stipendi e manutenzione ordinaria, mentre per la promozione si fa assai poco.

Come se visitare l’Italia rimanesse un atto dovuto, manco fossimo all’epoca del Grand Tour, il viaggio di iniziazione culturale dei giovani mitteleuropei dei secoli scorsi che ha formato Goethe, Stendhal, Andersen e tanti altri. Ma oggi non è più così e, peraltro, l’Italia è il paese di vacanza più caro d’Europa e prima o poi i visitatori stranieri ne avranno abbastanza di spendere troppo per vedere poco e male (magari trovando chiusa Pompei per assemblea).

L’unica soluzione possibile fa arricciare il naso a molti (compreso il sottoscritto), ma non può essere rifiutata per motivazioni ideologiche: facilitare ai privati la possibilità di intervenire con atti di mecenatismo e sponsorizzazione nella promozione del patrimonio artistico-monumentale. Con defiscalizzazioni cospicue, i grandi gruppi privati italiani avrebbero maggior interesse a compiere quello che, in qualche modo, potrebbe anche essere considerato un loro dovere: contribuire all’immagine positiva del nostro paese. E c’è da augurarsi che lo facciano presto e massicciamente, nonostante le resistenze di chi pretenderebbe solo investimenti da parte statale e, mentre questi non arrivano (e non arriveranno), si meravigliano che tutto vada in pezzi, purché non si venga infettati dalla contaminazione del denaro privato. Non indicando nemmeno un’alternativa praticabile e paventando incomprensibili esautorazioni.

settembre 2014

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