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Partita persa sul cambiamento climatico?

In Sardegna un colosso indiano delle energie rinnovabili (MBCEL) e la statunitense General Electric (in Italia per la prima volta) inauguravano il campo fotovoltaico serricolo più grande del mondo, proprio mentre a Durban si rischiava il fallimento completo della conferenza sul clima. Perché i segnali provenienti della lotta al cambiamento climatico sono oggi così contraddittori? Partiamo dai segnali positivi: un impianto da 20 MW che produce energia rinnovabile e pulita (come quello di Villasor, vicino Cagliari) porta occupazione e ha, come risultato economico principale, quello di incrementare la produzione agricola di pregio senza consumare territorio, un valore insieme pratico e simbolico. Pratico perché riduce le emissioni inquinanti (25.000 tonnellate di CO2 in meno) e simbolico perché dimostra che si possono attrarre investitori anche in zone di economia ritenuta marginale.

Il fotovoltaico su serra poi evita quello che è uno dei principali problemi delle energie rinnovabili in Italia: l’impianto di celle fotovoltaiche su terreni vergini o produttivi, magari perché risulta conveniente al proprietario, e non necessariamente alla collettività. Dunque si potrebbe fare parecchio per contrastare lo sconvolgimento climatico, e tutto grazie soprattutto al tanto vituperato protocollo di Kyoto. A Durban il protocollo è stato, in pratica, procrastinato al 2020 perché, in realtà, non è stato mai messo in pratica fino in fondo. Kyoto non era un granché: solo il 6% di riduzione delle emissioni inquinanti, quando gli studiosi sostenevano già allora che sarebbe stato necessario un taglio di almeno il 60% per ottenere qualche risultato.

Ma comunque era il primo atto di regolamentazione internazionale al posto della deregulation selvaggia precedente; e incentivava fortemente lo sviluppo delle energie rinnovabili.  In definitiva, però, quel protocollo è stato sostanzialmente disatteso e addirittura non sottoscritto da tutti i paesi. A Durban si individua una nuova data-limite e si istituisce un fondo significativo a favore dei paesi più poveri perché comunque prendano la strada delle energie rinnovabili e non si lascino incantare dalla possibilità di ricavare profitti dalla vendita di territorio e ambiente.

Però la situazione climatica del pianeta resta gravissima: sono in aumento i fenomeni meteorologici a carattere violento a tutte le latitudini (e ne abbiamo cominciato a  soffrire anche nel Mediterraneo) e l’anno appena passato è stato comunque fra i primi dieci più caldi dell’ultimo secolo. In tutto questo c’è ancora qualche buontempone che nega le responsabilità dell’uomo e vorrebbe impedire di investire nelle energie rinnovabili per dirottare quei denari solo sul restauro dei luoghi devastati dalle catastrofi climatiche: un po’ come agire sugli effetti invece che sulle cause. Ma non si tratta di voci disinteressate.

Mario Tozzi

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