Una fetta di pane abbrustolito. Un piccolo pomodoro fresco. Tagliato in due, il pomodoro si sfrega sul pane e gli dà un colorino rosso pallido. Volendo, si può aggiungere una sfregatina di aglio. Volendo, una spruzzata d’olio. Ma i due elementi base restano il pane e il pomodoro. Due prodotti semplici, addirittura banali. Tuttavia capaci, messi insieme, di costruire un cibo dal forte valore identitario.
Chi va a Barcellona, o in qualsiasi altra città o cittadina catalana, sa che il “pa amb tomate” (pane con pomodoro) è un oggetto-culto che dà inizio a qualsiasi pasto, che accompagna qualsiasi pasto. Quasi un feticcio gastronomico. La Catalogna non è l’unico posto al mondo in cui l’abbinamento funziona: le nostre bruschette non sono poi molto diverse, e molti amici del sud Italia contesterebbero violentemente la sicurezza con cui qualsiasi catalano pretende l’esclusiva di questo semplicissimo pane con pomodoro. Ma la questione non è sapere chi ha inventato la vivanda, chi per primo ha pensato che sfregare un pomodoro su una fetta di pane tostato potesse soddisfare il gusto in modo così piacevole, così appagante da spingere alla ripetizione del gesto, da farlo diventare un’abitudine, un desiderio ricorrente. Quando il gusto diventa memoria, una tradizione è nata. A crearla basta poco, e ovviamente non è casuale che ad avere successo siano le cose semplici, perché costano poco, perché non creano complicazioni e si replicano facilmente, perché il piacere della semplicità si condivide senza sforzo, e va di pari passo con la semplicità del piacere.
La vivanda semplice può assumere declinazioni diverse, che attraverso piccole differenze delimitano le appartenenze collettive. Un pane al pomodoro condito con un pizzico di origano sarà subito il segnale di una vivanda italiana del sud, ma certe regioni preferiranno il basilico. Allo stesso modo, il “tocco di zenzero” aggiunto a ogni vivanda dal protagonista dell’omonimo film di Tassos Bulmetis contrassegnava la sua destinazione alla tavola della comunità greca di Istanbul.
Gesti semplici, sempre. La complessità non si addice alle identità culinarie: le ardite sperimentazioni concettuali e tecnologiche dei cuochi di grido, di grande interesse intellettuale e scientifico, sono espressioni artistiche dal sapore inevitabilmente individuale. La quotidianità del mangiare si muove in spazi diversi, appunto quelli della semplicità, della ripetibilità, della condivisione collettiva. Ma se arte è esprimere e comunicare un’idea non banale, aggiungere valore e sentimento alla banalità di una fetta di pane condita col pomodoro è anch’essa una forma, forse estrema, di arte e di poesia.
Pane e pomodoro. Se il gusto diventa memoria
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