Gli italiani giocano d’azzardo. Molto e sempre di più con il passare del tempo. Forse l’azzardo è nel carattere nazionale, forse c’entra un’offerta costantemente in crescita di giochi, slot machines, lotterie, estrazioni, bingo, gratta&vinci, tris&vinci, sbanca tutto, turista per sempre, miliardario e maxi miliardario. Da fine luglio c’è stato il via libera al gioco d’azzardo on line. Quello che si può fare dal divano di casa, senza neanche la fatica di uscire per raggiungere un bar o un tabaccaio quando ti prende la voglia. Casomai era tardi, pioveva e allora potevi anche rinunciare. O rimandare al giorno dopo. Adesso no. Perché puoi giocare a poker, a dadi, black jack o roulette in qualsiasi momento. Anche al lavoro tra un’e-mail e una telefonata. Con il solo limite di mille euro per ogni sessione. Ma mille euro non sono una cifra enorme da perdere in una sola sessione? E se dopo basta avviarne un’altra? Il rischio – ma pare più una certezza – è quello dell’aumento delle persone che diventano dipendenti dal gioco d’azzardo. Una vera malattia, un impulso incontenibile a giocare, tentare e ritentare la fortuna senza riuscire a smettere.
Un gorgo che risucchia la capacità di pensare alle proprie possibilità economiche, peggiorandole e logorando famiglia, amicizie, lavoro e rete sociale. Finendo privi di un po’ della propria libertà personale. Altro che il Gioca responsabilmente che accompagna la pubblicità – ma c’è proprio bisogno di farne così tanta? – di ogni nuovo prodotto d’azzardo. Settecentomila italiani soffrono di questa dipendenza patologica; tre milioni rischiano seriamente di caderci. Se ne parla poco ma è un’emergenza sociale. Se ne parla poco, dicono i maligni, anche perché fa guadagnare molti soldi anche allo Stato.
Con le slot machines incassava molti soldi anche l’Unione Operaia di Colonnata, un Circolo Arci, una Casa del Popolo, di Sesto Fiorentino, pochi chilometri da Firenze. “Rendevano come un podere in Chianti”, ha scritto La Nazione, ma il Consiglio del Circolo ha deciso di toglierle. Una decisione necessaria, presa all’unanimità dopo essersi accorti che diversi frequentatori, sopratutto anziani e ragazzi, in pochi mesi ci hanno speso somme ingenti, “Rendendo evidente un problematica che sta assumendo le caratteristiche di una vera e propria piaga sociale”.
Ma cosa ci si mette al posto delle slot machines in una Casa del Popolo che esiste da 146 anni? Per il presidente Andrea Sanquerin, bisogna recuperare la funzione di aggregazione. Così c’è il bar, i biliardini e c’è una galleria d’arte, un gruppo teatrale, un gruppo di ascolto di musica lirica, una televisione via web – Sesto Tv – una produzione di cortometrggi, una rassegna di teatro di pupazzi per bambini. Poi concerti-letture, un gruppo di Mamme amiche, i laboratori per bambini e due società podistiche. La Casa del Popolo ospita anche l’Arcicaccia e il gruppo di caccia al cinghiale che si chiama La coda. Chissà se basta. Ma almeno non ci sono più le macchinette mangiasoldi.

Massimo Cirri e Filippo Solibello

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