Non c’è azienda di prestigio che non ricorra agli esperti di statistica per interpretare le potenziali richieste dei mercati e per calibrare i prodotti in base alle aspettative, vere o presunte, dell’utenza. In genere si fanno interviste telefoniche su un campione numericamente modesto però rappresentativo (così si spera!) dell’intera popolazione. Poco importa se la ricomposizione di questa serie di scatti sulla micro-realtà dei prescelti non avrà la precisione di una fotografia, si tratta pur sempre di dati che, sapientemente accorpati, permetteranno una stima panoramica dei comportamenti e delle tendenze dei consumatori.
A questo riguardo, è stata presentata di recente, a Milano, una ricerca su “La conoscenza nutrizionale in Italia”, commissionata da un’importante multinazionale all’“Istituto per gli studi sulla pubblica opinione”, presieduto dal professor Renato Mannheimer. Nel complesso e a conferma delle sensazioni che mi vengono dalla pratica medica, sembra che la gente oscilli tra una modesta consapevolezza sulle regole del mangiar bene e il bisogno di informazioni precise e non contraddittorie. Cioè, sta crescendo l’attenzione verso i problemi nutrizionali ma si avverte la necessità di avere, fin dalla scuola, informazioni certe che aiutino a superare i pregiudizi e a smussare le forzature messianiche o catastrofiste dei mass media.
Il pubblico è inondato dalle proposte enogastronomiche dei mass media ma quasi mai conosce le dieci Linee Guida dell’Alimentazione: un decalogo sintetico formulato dagli esperti sotto l’egida del Ministero della Salute. Inoltre, perfino tra i “consumatori bene informati” molti dichiarano di non avere né il tempo, né la possibilità, di passeggiare o di aumentare l’attività fisica, specialmente nelle città più congestionate dal traffico, povere di verde e di strutture sportive, Tra i forzati della sedentarietà e i disinformati prosperano errori e pregiudizi, con diete ipocaloriche punitive e non rieducative che danneggiano il benessere e la serenità di chi si impegna a seguirle.
Qualcosa non va nella comunicazione se ben 7 italiani su 10 si dichiarano confusi dalle “informazioni” nutrizionali ricevute e solo un terzo ne tiene conto nei propri comportamenti alimentari. Una volta di più si riconferma la necessità di una sistematica informazione già nella scuola ma anche di un controllo più severo sulle promesse salutistiche reclamizzate negli spot pubblicitari. Altrimenti, sarà inutile lamentarsi dell’epidemia di obesità e diabete!
Eugenio Del Toma