Qualche settimana fa mio figlio, 10 anni, mi guarda dritto negli occhi e domanda a bruciapelo: “mamma, tu sei femminilista?”. La prima risposta, d’acchito: “Ovvio, sono una femmina”; la seconda è una precisazione, ovvero che il termine da lui coniato non esiste, ma che quello giusto è “femminista”. Da quel momento si apre un dibattito casalingo che perdura in via quotidiana.
Ascoltando le parole della scrittrice francese Annie Ernaux – premio Nobel per la letteratura 2022 – riguardo l’educazione impartitale dalla madre, che disprezzava la condizione di casalinga e pertanto crebbe la figlia perché non si trovasse rinchiusa in quella gabbia nella quale le donne rischiano di perdere sé stesse e rinnegare talenti, predisposizioni, desideri, non ho potuto fare a meno di pensare a me stessa ragazza nel rapporto con mia madre, casalinga in gabbia. Io figlia unica, ragazzina talentuosa e testarda, ma indisciplinata, sognatrice e un po’ ribelle. La madre di Annie non vuole che lei si occupi delle faccende di casa o della cucina perché li considera compiti inferiori al lavoro dello spirito e anche mia madre, in effetti, che aveva grande rispetto del mio “talento” tanto da averci scommesso anche quando a scuola non andavo granché bene e, senza il suo pervicace sostegno, sarei andata a lavorare a 15 anni invece di approdare all’università dove ho poi trovato la mia dimensione e la mia strada, mi lasciava libera da queste incombenze: forse troppo.
Ho pensato a bell hooks, scrittrice e attivista femminista afroamericana ribelle, scomparsa nel 2021. Nel volume che contiene “Elogio del margine” e “Scrivere al buio” in collaborazione con Maria Nadotti, bell (mi raccomando, con la minuscola) insiste nel dare importanza al ruolo centrale, “sovversivo”, che nella cultura afroamericana hanno avuto le donne nell’accudire casa e famiglia. Il focolare domestico è una forma di resistenza: le comunità si compattano intorno a quel focolare e di lì resistono all’oppressione del potere esterno grazie alla forza di chi da dentro tiene acceso il fuoco, come la dea Vesta venerata dai Romani e dai Latini. Le questioni politiche si affrontano anche a partire da quel luogo intimo. Lì, anche donne che non hanno potuto studiare possono rivelarsi preziose. Penso così alle arzdore emiliane, le reggitrici della casa e della famiglia, fiere detentrici di un potere generativo e di accudimento.
E quindi, care femminiliste (e femminilisti!), facciamoci un regalo natalizio speciale: cerchiamo di non far sentire e non sentirci in colpa se non avremo nessuna voglia di preparare pranzi e cene di Natale, ma non sentiamoci neanche sottomesse al patriarcato se invece stiamo pensando da tre mesi agli addobbi della tavola e all’antipasto. Non sentiamoci in colpa se quest’anno abbiamo lavorato troppo e tolto tempo alla famiglia, né se abbiamo dedicato più ore ai figli che ne avevano bisogno e abbiamo perso qualche colpo al lavoro, e neanche se siamo single con gatto, o amanti di uno/a sposato/a: anche il focolare di una single può essere luogo di accudimento familiare e amicale. Sappiamo benissimo qual è il vero punto e l’obbiettivo: il rispetto, da parte delle istituzioni e delle politiche sociali, nei confronti di un lavoro esistenziale e quotidiano che richiede alle donne tantissima energia. Non lasciamo che nessuno si permetta di spegnere il nostro fuoco.