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Non solo clima, ecco l’ecological crunch

Essendo questione largamente svincolata dalla fede religiosa, non ci dovrebbero essere problemi a ricondurre la polemica sulla presunta alterazione dei dati climatici internazionali nell’alveo del dibattito scientifico, laico per definizione. In questo senso non è tanto ai rapporti dell’IPCC (Intergovernamental panel on climate change) che ci si deve attenere per comprendere gli scenari futuri, che sono – per definizione – sempre ipotetici, ma piuttosto ai dati già raccolti e a quanto chiunque può toccare con mano. Questi dati ci dicono che il clima diventa sempre più caldo e che gli ultimi anni sono stati più torridi di tutti i precedenti. Ci informano che negli ultimi venti milioni di anni mai si erano superate concentrazioni di anidride carbonica di 300 ppm (oggi siamo a 385). Ci ribadiscono che non si deve confondere il tempo con il clima, nè quello che succede in Italia con quanto accade nel resto del mondo. Infine ci dicono che la copertura glaciale, per esempio, delle Alpi si è quasi dimezzata, passando dai quasi 4.500 kmq del 1850 agli attuali 2.200.
Le riviste scientifiche internazionali, dotate di doppi sistemi di revisione e che non rispondono alle logiche politiche di istituti come l’IPCC (logiche che peraltro tendono sempre, semmai, a mitigare le preoccupazioni) confermano questi dati.
I motivi di preoccupazione pertanto restano tutti, fermo restando che i climatologi di tutto il mondo sarebbero ben lieti se le cose andassero diversamente. Ma qui si corre un rischio più grave: che dubbi non fondati inducano l’opinione pubblica a non farsi più carico dei propri comportamenti o delle decisoni di chi li governa, anche quando siano palesemente insostenibili da un punto di vista ambientale. Se riducessimo le emissioni di CO², ridurremmo, nel contempo, anche quelle di ossidi di azoto, benzene, polveri sottili e monossido di carbonio, sostanze la cui miscela provoca 100.000 morti all’anno nella sola Europa (quasi 8.000 in Italia) e costi economici enormi. Le megalopoli terrestri sono camere a gas annegate nei rifiuti e provate dalla mancanza di acqua. Le campagne, d’altro canto, continuano a essere avvelenate da un uso eccessivo di fertilizzanti e il suolo distrutto da usi impropri o desertificato. Oltre il 90% dei grandi pesci degli oceani è scomparso. La biodiversità è pesantemente attaccata, visto che i tassi di estinzione attuali delle specie non erano mai stati registrati prima, se non in concomitanza con le grandi estinzioni di massa. Le risorse si consumano a un ritmo esponenziale, mentre masse sempre più consistenti di persone finiscono sotto la soglia di povertà.
Tutto questo è l’ecological crunch, una tenaglia che – è bene ricordarlo – non distrugge il pianeta (che continuerà a fare il suo mestiere anche senza di noi, come ha fatto per 4,5 miliardi di anni), ma impoverisce o affligge gli uomini. Anche il famigerato ex ecoscettico Bjorn Lomborg si è convinto di aver sbagliato: speriamo non sia troppo tardi.

Mario Tozzi

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