Gli italiani consumano sempre più pasti al ristorante, l’indagine della primavera 2017 di Doxa sul tema riporta una media di 5 volte al mese, che si alza a 6 nella fascia di età 18-44 anni; rispetto al dato medio il 30% degli italiani arriva e supera le 2 volte per settimana, il che inizia ad avere un certo rilievo nel condizionare la qualità complessiva della dieta. Si assiste a un cambio di abitudini: si è passati dall’uscire al ristorante per festeggiare ricorrenze o fare esperienze gourmet al vivere in modo più routinario queste occasioni; nel 66% delle persone è soprattutto un modo per stare in compagnia e per non dover cucinare.

I risvolti sul piano nutrizionale sono rilevanti da almeno 3 punti di vista: relativamente al comportamento alimentare, alla qualità ed alla quantità degli alimenti consumati. Quando mangiamo in compagnia avviene un fenomeno chiamato “disinibizione”, da un punto di vista del comportamento alimentare significa che se un amico ordina, ad esempio, delle patatine fritte e le offre, anche altre persone della tavolata saranno più propense a consumarle anche se sono consapevoli del fatto che è un “extra” non particolarmente salutare. Tale fenomeno è osservabile per molti altri comportamenti, anche fumare una sigaretta o bere un bicchiere di vino in più è più probabile se vi sono altre persone con cui condividere il comportamento. Da un punto di vista qualitativo dobbiamo aspettarci che gli alimenti preparati dalla ristorazione debbano in primis essere appetibili; per tale motivo vengono curati diversi aspetti ed in particolare la sapidità, che necessita di un poco più di sale e grassi rispetto a quello che le linee guida imporrebbero.

Questo anche perché il prezzo è il secondo fattore di scelta (dopo la bontà del cibo) secondo l’indagine Doxa e, se vogliamo del cibo gustoso ed economico, non possiamo aspettarci che la qualità degli ingredienti sia il “top”. Un importante aumento (30%) si è registrato nello street-food, scelto soprattutto dai giovanissimi perché informale; gli esercizi più diffusi in questo mercato sono le pizzerie al taglio, i kebab e le gelaterie. Anni fa fui colpito dallo studio di un ente governativo Inglese (Lacors) che analizzò più di 300 kebab evidenziando vari aspetti problematici, tra cui l’elevato contenuto di grassi saturi e sale, nonché la porzionatura media corrispondente a circa 1000 calorie per kebab; mentre non abbiamo analisi di enti governativi in merito a pizze al taglio e gelati. Quest’ultimo aspetto ricorda l’importanza non solo della qualità di quello che consumiamo, ma anche della quantità e quindi delle porzioni: anche per la pizza da pizzeria scelta dal 70% delle persone circa nell’analisi Doxa, siamo passati da una porzione media per la margherita di 680 calorie negli anni 70-80 alle 810 calorie descritte nell’ultima edizione dell’Atlante Scotti Bassani (i dati non riguardano le pizze al taglio che risultano differenti). Sappiamo che le porzioni di cibo proposte dall’industria alimentare tendono ad ingolosirci anche attraverso l’aumento delle porzioni, fenomeno ben descritto nel film “Super Size Me”; anche per tale motivo quando consumare un pasto fuori casa diventa routinario un minimo di controllo dei comportamenti risulta utile.

Tag: Alimentazione, cibo, porzioni, ristorante, calorie

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