A settembre, periodo in cui l’uva è di stagione, osservo un fenomeno curioso: non è facile trovare l’uva fragola o americana. Incuriosito, chiedo ai fruttivendoli che mi rispondono: “non va, la gente chiede altre varietà”. I nostri comportamenti non sono casuali, dunque mi viene da indagare sulle motivazioni che spingono a cercarla, oppure che possano allontanare il consumatore dal preferirla. Perchè ciò che determina le nostre scelte alimentari quotidiane si riflette poi sulla qualità della nostra dieta. Nel 2019 ho partecipato come membro del board scientifico alla scrittura del libro “Microbiota – L’amico invisibile per il tuo benessere a tutte le età”: per questo lavoro ho raccolto un centinaio di articoli scientifici a supporto dell’utilità di determinati alimenti per il nostro microbiota, ovvero la flora batterica intestinale.
Tra questi vi era un articolo pubblicato sulla rivista “Diabetes” in merito ad un esperimento fatto per cercare di aumentare la presenza, tra i membri del microbiota, dell’Akkermansia, un batterio con un ruolo utile nelle patologie metaboliche. Ebbene, per cercare di aumentare la presenza di Akkermansia i ricercatori scelsero proprio l’uva americana, questo per la sua ricchezza di polifenoli. La presenza di polifenoli è riconoscibile quando osserviamo la nostra lingua dopo aver mangiato l’uva. I polifenoli sono sostanze pigmentate con colori solitamente scuri, e la loro presenza è evidente dopo aver masticato qualche acino: la lingua si “tinge”.
Tuttavia ci sono caratteristiche che la possono rendere l’uva americana meno appetibile: la sua buccia è dura, ricca di fibre e l’essere umano è spontaneamente portato ad apprezzare alimenti morbidi che debbano essere masticati poco. Peraltro, quando masticata, la buccia ha un gusto acidulo ed amaro (che segnala la significativa presenza di antiossidanti), ma sono gusti che tendiamo a non apprezzare rispetto al dolce e sapido. I gusti, l’amaro e l’acido, non sono gusti semplici, probabilmente anche per questo è un’uva è poco venduta. Tuttavia con un poco di allenamento, e scegliendo prodotti con il giusto grado di maturazione, sono gusti che possono essere apprezzati. L’uva americana è anche particolarmente ricca di semi, che a loro volta contengono polifenoli: ne sono stati identificate ben 11 tipologie differenti, tra cui anche il resveratrolo, divenuto famoso per il cosiddetto “paradosso francese”, ed oggi contenuto in diversi integratori. Ma i semini dell’uva danno fastidio, se li mastichiamo possono essere amari (i polifenoli hanno quasi sempre un gusto amaro), ed anche per questo motivo oggi l’uva senza semi è sempre più diffusa. Tuttavia, eliminando i semi perdiamo anche i nutrienti in essi contenuti; in tali casi potremmo pensare di compensare con un integratore di resveratrolo l’assenza dei semini nell’uva? No, perché mancano le altre 10 tipologie di polifenoli identificate ad oggi, ed è possibile che in futuro, con test differenti se ne trovino di ulteriori. L’esempio dell’uva americana è trasversale: le ragioni che ci distanziano da cibi acidi, amari o duri da masticare sono innate nell’uomo, tuttavia i gusti sono “allenabili”, soprattutto se abbiamo la pazienza di assaggiare ed abbiamo valide motivazioni per farlo.