Sul numero di dicembre 2019 di questa rivista avevamo parlato di sovrappopolazione mondiale e di come sia saggio contenere la crescita demografica con mezzi culturali: educazione ed emancipazione delle donne nei paesi poveri. Ma quando si guarda all’Italia, paese che invecchia sempre più, l’atteggiamento è opposto: si sente dire che bisognerebbe fare più figli e tornare a crescere, per ringiovanire la cittadinanza, per avere nuove braccia che paghino le pensioni, per salvaguardare la cultura nazionale dall’avanzata dell’immigrazione straniera. Sono visioni che hanno senso in termini economici e sociali, ma che non tengono conto della realtà ambientale e delle risorse fisiche nazionali, della nostra “biocapacità”.

L’Italia è già ora un Paese sovrappopolato che vive al di sopra delle proprie risorse interne. L’impronta ecologica degli oltre 60 milioni di italiani è l’insieme dei prelievi di materie prime, dall’agricoltura ai pesci, dal legname ai minerali, e della produzione di rifiuti, incluse le emissioni di gas serra. Ebbene, i dati elaborati dal Global Footprint Network ci dicono che nel 2019 gli Italiani hanno utilizzato risorse naturali 4,5 volte al di sopra delle proprie possibilità, ovvero occorrerebbero più di quattro Italie per soddisfare il nostro tenore di vita. Le tre Italie virtuali che ci mancano sono prelevate dalle importazioni di energia fossile, di materie prime e di cibo. In queste condizioni di profondo debito ecologico, far crescere ulteriormente la popolazione significherebbe aumentare la nostra vulnerabilità e peggiorare la nostra condizione fisica: più consumi di risorse, più cementificazione, più rifiuti, più gas a effetto serra, con conseguenze sempre più pesanti proprio per le giovani generazioni che le subiranno! Si pone dunque la delicata questione di mitigare la fragilità ambientale del nostro Paese diminuendo l’esposizione al debito ecologico: da un lato questo si può fare con soluzioni tecnologiche, energie rinnovabili, riduzione degli sprechi, riciclo rifiuti, ma dall’altro sarebbe importante considerare anche una riduzione della popolazione, così se fossimo meno numerosi avremmo a disposizione più risorse, mentre più siamo più la fetta di torta per persona si riduce e si diviene sempre più deboli rispetto alle forniture esterne.

Infatti, poiché la popolazione globalmente continua a crescere, potrebbe arrivare il momento in cui le risorse che acquistiamo aumenteranno di prezzo o potrebbero perfino scarseggiare, ecco perché dipendere dall’estero per tre quarti del proprio benessere non è una buona strategia e sarebbe opportuno diminuire la nostra dipendenza da beni che non abbiamo. E come rimediare a una società di anziani e alle pensioni da pagare? Sono questioni difficili da affrontare, ma meno rispetto ai limiti fisici invalicabili. Le pensioni si possono riformare, l’ambiente no. Assecondando l’attuale condizione di decrescita della natalità, superata una fase transitoria di invecchiamento della società, nei prossimi decenni potremmo stabilizzarci per esempio a 50 milioni di abitanti, quanti eravamo nel 1960, e lì rimanere stabilmente, mantenendo il tasso di fertilità di sostituzione, pari a circa due figli per donna. E vissero felici e resilienti.

Tag: anziani, impronta ecologica, calo demografico, sovrappopolamento

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