La musica crea uno spiraglio nel cielo, diceva il poeta francese Charles Baudelaire, e in effetti, uno spiraglio nel cielo, esterno o interno, è quello che di solito cerchiamo quando mettiamo un cd, ci sintonizziamo su una stazione radio, indossiamo auricolari andando al lavoro, a correre o facendo i lavori di casa o il giardinaggio. Lo spiraglio si apre nella mente, nel cuore, e nel corpo: colora, dà ritmo, allegria o nostalgia, rallenta o accelera il battito cardiaco. Non importa quale sia il genere che preferiamo ascoltare: è difficile conoscere persone totalmente insensibili agli effetti della musica. Persino gli animali la gradiscono e anche le piante.
Una serie tv andata in onda da poco mi ha fatta riflettere ancora una volta sul disinteresse che il sistema scolastico del nostro Paese mostra per la musica. La compagnia del cigno, fiction a firma Ivan Cotroneo, andata in onda su Rai 1, ha registrato un boom di ascolti. Incredibile, visto che è incentrata sulla vita e sulle esperienze di un gruppo di ragazzi che studiano al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Se si dovesse tener conto di quel che passano le radio, e di come vengono percepiti gli interessi musicali e le predilezioni dei giovani (vedi questione musica trap: Sfera Ebbasta o Young Signorino) doveva essere un flop; eppure a moltissimi è piaciuta (ad altri meno, ad alcuni per niente, per esempio insegnanti di musica nei conservatori che hanno criticato il personaggio del maestro isterico che assomiglia un po’ troppo al protagonista del film Wiplash di Damien Chazelle del 2014).
Ma è innegabile che vedere (e sentire) dei ragazzi di diciassette anni – gli attori sono davvero studenti di musica al conservatorio – che hanno al centro dei loro interessi e del loro vivere quotidiano non un muretto, ma la passione per la musica (classica) fa bene al cuore. Di contro, in Italia, ragazzi che studiano musica seriamente ce ne sono tanti e tutti credo siano un po’ angustiati all’idea di quello che sarà il loro futuro: organici ridotti, teatri che chiudono, orchestre in bilico, tutti i teatri dell’Opera (tranne rari casi) che soffrono situazioni di grande debito. In Italia, operano tantissime realtà che lavorano sull’educazione musicale dei bambini e dei ragazzi e sono molto frequentate.
Il patrimonio della nostra nazione è fondato anche sulla musica: l’italiano nel mondo è conosciuto soprattutto attraverso il melodramma (La Traviata di Giuseppe Verdi è l’opera più rappresentata in assoluto nel mondo!) Eppure la musica è praticamente sparita dalle scuole, cancellata da quest’anno come materia curricolare alle superiori di II grado (a parte ovviamente i licei a indirizzo musicale) come se fosse appannaggio, privilegio, croce e delizia, solo di coloro che possono permettersela o che i musicisti sognano di farlo come professione. Per ascoltare musica, imparare un linguaggio, arricchire la propria cultura e creare spiragli nel cielo, non è necessario essere dotati come musicisti: l’educazione all’ascolto – imparare ad apprezzare non soltanto i motivetti più orecchiabili, ma anche a comprendere musica apparentemente più ostica e comprenderla in un contesto storico – è importante. Non si è sempre detto che la musica è il linguaggio universale? Giuseppe Verdi diceva: “Torniamo all’antico e sarà un progresso.” In questo caso, la mia idea di “antico” è un’istruzione in cui i saperi non siano separati, e non si continui a tagliare a colpi di forbici tutto ciò che rende la vita meravigliosa, tipo la musica.