Al culmine dell’estate 2018, in piena finale dei Mondiali di calcio, cinque bambini per caso si incontrano nel cortile di una villa in un quartiere residenziale di un paese di mare. È un caso anche il fatto che abbiano la stessa età, mese più mese meno: sei anni. Vengono dai quattro (tre, ma è uguale) angoli del mondo: Irlanda, Argentina e Italia. Quattro sono cugini, e si tratta di due coppie di gemelli: due biondi e chiari come la luna e due bruni e scuri come la notte. Due vivono fuori Buenos Aires e sono figli di un pampero, due vivono a Dublino e sono figli di un professore di economia; il quinto, è mio figlio. L’attrazione è istantanea, l’amicizia immediata: il cortile condiviso diventa lo spazio più importante del mondo: ci si rincorre, ci si spiega, si discute, si mangia e si beve. Le lingue sono: italiano, inglese, spagnolo e naturalmente “bambinese” che è una lingua semplice e complessa al tempo stesso.
Gli adulti non la comprendono e questo permette ai bambini di elaborare un codice segreto per gabbarci quel tanto che basta. I giocattoli trasmigrano da un appartamento all’altro. Circolano una chitarra e un’ocarina di Budrio, aerei da guerra, camion, moto, figurine di calciatori, qualche pupazzo, libri, acquerelli, disegni impastrocchiati dove però la mano si riconosce benissimo. Ogni tanto, mentre stai in bagno a spalmarti la crema solare ti ritrovi alle spalle una piccola sagoma comparsa dal nulla e urli: “Oddio che paura!” Nel buio non li riconosci perché sono tutti alti uguali, tutti più o meno della stessa corporatura. Ti acquatti in un angolo ad ascoltare i loro discorsi e senti che si raccontano dei posti in cui abitano, ma non più di tanto: a sei anni l’interesse è concentrato sul tempo presente, condiviso, qui, adesso, questa merendina al cioccolato spezzata in cinque parti, questo barattolino di tè deteinato, questo infinito vagabondare di pezzi di pizza e formaggio rosicchiati da forme di denti diverse perché alla fine il cibo mette d’accordo tutti.
Questo è il Mondo, oggi: si nasce in un continente e si finisce a lavorare in un altro, fratelli e sorelle sparsi per il Mondo si riuniscono per una vacanza con la famiglia al completo una volta all’anno. Si va dove c’è lavoro e possibilmente dove il lavoro che c’è è compatibile con quello che hai studiato e che hai immaginato per il tuo futuro. I figli crescono imparando lingue diverse. La loro identità non è definita dall’origine ancestrale, ma dal presente che lascia coesistere in modo abbastanza fluido saperi differenti, culture diverse. Le persone di domani sono questo e saranno sempre di più questo: una coesistenza di mondi, ricordi, culture.
Averne paura è partire sconfitti: la Storia poco si cura del desiderio di preservare identità nazionali per quanto gli stati sovranisti si sforzino di assecondare un’onda regressiva che chiede frontiere, muri e filo spinato. Intanto, chi cerca lavoro va dove lo trova, chi si innamora si trasferisce dove almeno uno dei due possa fare la carriera migliore. E i figli nascono, crescono e sono diversi da ciò che avremmo mai potuto immaginare. Si mescolano tra di loro, imparano, condividono, tra poco inventeranno vie nuove per mettere a frutto le loro esperienze di cittadini del mondo e noi li guarderemo stupefatti, qualcuno si sentirà sconfitto e qualcun’altro orgoglioso mentre dovremmo forse solo guardarli come li guardiamo ora, ammirati, mentre giocano in un cortile sotto l’ombra degli alberi, bellissimi, liberi e senza preconcetti. Chi ha vinto i Mondiali di calcio? La Francia, certo, ma guardatele bene, le figurine dei calciatori: ha vinto il Mondo.