Di recente ho notato che una importante azienda italiana ha smesso di produrre crackers con beta-glucani. Un vero peccato, perché queste fibre aiutano i miei pazienti, insieme ad altri accorgimenti, a tenere sotto controllo il colesterolo.

Mi sono venuti in mente altri prodotti con profili nutrizionali interessanti o innovativi, di aziende differenti ma accomunati da un destino simile: lo scarso successo di mercato ne ha decretato la scomparsa. Un biscotto integrale che aveva quasi il doppio delle fibre dei suoi “fratelli”, di una nota linea di biscotti ai cereali; oppure, uno yogurt bianco, senza zuccheri aggiunti, con un gusto meno acido ed un packaging che ne consentiva l’utilizzo anche come merenda “portatile”; oppure uno snack monodose di crostini con farina di legumi. Prodotti di aziende molto note nel nostro mercato, che non sono quindi delle nicchie ma un fenomeno che vale la pena osservare, perché chi ha decretato la fine di questi prodotti siamo stati noi, consumatori, lasciandoli sugli scaffali.

Le informazioni nell’era digitale si trovano sul web e nei social, si diffondono velocemente attraverso reti di conoscenze ed “influencer”, possono essere sedimentate dalla lettura di libri di sedicenti esperti, creando poi fenomeni simili alle mode anche nell’alimentazione. Ed allora, ad esempio, vediamo dati di vendita entusiasmanti per prodotti senza lattosio, senza glutine, per gallette di riso o per alimenti adatti a diete vegetariane o vegane. Prodotti a cui il consumatore, frequentemente, attribuisce virtù salutistiche maggiori rispetto a quello che poi è nel concreto il profilo nutrizionale del prodotto. Dunque, le imprese saranno sempre meno motivate ad investire in ricerca e sviluppo per prodotti che rischiano di essere un fallimento, ed asseconderanno le mode del momento. Tuttavia, così facendo faremo un passo indietro rispetto a quanto si è visto negli ultimi 30 anni, quando molte aziende, ed in particolar modo quelle italiane, hanno realizzato diversi, concreti miglioramenti nei profili nutrizionali dei propri prodotti.
La via d’uscita è culturale, tuttavia il fatto di lasciare sugli scaffali prodotti validi a favore di quelli alla moda non è opera di sprovveduti, ma di persone che vogliono informarsi, usando tuttavia strumenti inappropriati che espongono alle cosiddette fake news (fenomeno così diffuso che sia l’Istituto Superiore di Sanità che la Federazione degli Ordini dei Medici hanno attuato progetti di contrasto). Quando poi si è all’interno di un certo flusso di informazioni è molto difficile accorgersene: il web ed i social ci fanno trovare ciò che desideriamo, rendendo improbabile leggere qualcosa di diverso da ciò di cui siamo già convinti.

Nell’era digitale abbiamo accesso libero e gratuito a molte più informazioni e, mentre la quantità è ridondante, la vera sfida si giocherà sulla qualità: difficile da individuare e da percepire, ma cruciale nell’influenzare temi importanti riguardanti la nostra salute, tra cui anche l’alimentazione.

Tag: etichetta, mercato, fake news

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